Tavolo ecclesiale dipendenze

Giovani e droghe: don Falabretti (Cei), “educarli a riconoscere le ‘buone’ dipendenze”

“Siamo sicuri che la dipendenza sia necessariamente un’esperienza negativa?”. La domanda provocatoria è di don Michele Falabretti, responsabile Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei. Nel suo saluto alla giornata “Giovani al centro. Esperienze di una comunità che cresce tra fragilità e risorse”, promossa oggi a Roma dal Tavolo ecclesiale dipendenze, Falabretti spiega: “La nostra vita non è mai del tutto libera, sciolta da ogni legame/dipendenza”. Il mito “dell’uomo che si è fatto da solo”, assicura, “è un mito che non esiste. Anche l’uomo che si è fatto da solo ha avuto bisogno di qualcuno con cui comunicare e relazionarsi”. “In realtà noi siamo dipendenti dalla società e dai suoi meccanismi, dobbiamo riconoscerlo, così come dalle relazioni con gli altri. Il problema dunque – assicura il responsabile del Snpg Cei – non è educare uomini forti che non hanno bisogno di nessuno , ma educare i giovani a riconoscere quelle che possono essere delle ‘buone’ dipendenze”. La vita “riuscita”, prosegue, “è quella che risponde alla chiamata, all’incontro con Dio, con questo bene che mi viene incontro. Questa è una buona dipendenza, dobbiamo aiutare i nostri giovani a riconoscerla. Per questo dobbiamo recuperare un’educazione all’ascolto che fa crescere la sapienza”. Al Tavolo ecclesiale dipendenze costituito presso la Caritas italiana partecipano Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Casa dei giovani, Compagnia delle opere-Opere sociali, Comunità di Sant’Egidio, Comunità Emmanuel, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) e Salesiani per il sociale.