Diritti umani

Libertà religiosa: card. Sandri, “preservare il Libano dalla destabilizzazione. Iraq, favorire ritorno dei cristiani. Siria, imbarazzanti silenzi internazionali”

foto SIR/Marco Calvarese

“Se viene destabilizzato il Paese dei Cedri, crollerà definitivamente e a cascata tutto il Medio Oriente, senza più alcuna sicurezza anche per lo stesso Stato d’Israele, il quale nonostante tanti limiti e violenze poco giustificabili rimane però un Paese ove si vive una sostanziale libertà religiosa”. Lo ha detto il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, al Simposio “Defending International Religious Freedoom: Partnership and action” organizzato a Roma, dalla ambasciata Usa preso la Santa Sede con la Comunità di Sant’Egidio e Aiuto alla Chiesa che soffre. “È di prioritaria importanza – ha dichiarato il prefetto – che sia preservato in ogni modo il Libano, nonostante le fatiche e le contraddizioni che lo possono attraversare per le diverse forze in campo, idealmente legate a differenti potenze regionali in conflitto tra loro”. Dal cardinale è giunto anche un riferimento alla Siria e all’Iraq: “In Siria siamo di fronte ad un conflitto non concluso, a massicci interventi di forze esterne che rendono quella guerra un conflitto in buona parte per procura, con violenze indicibili da ogni parte e tacite connivenze o imbarazzanti silenzi internazionali. Tuttavia è un Paese che più di altri nel passato ha tutelato una forma di libertà religiosa. Circa l’Iraq, mi permetto di osservare questo aspetto: perché i cristiani possano rimanere o potersi convincere a tornare, come altre minoranze, hanno bisogno di una ricostruzione non soltanto materiale – e qui ringrazio tutti gli attori, come Aiuto alla Chiesa che soffre e altri – ma delle coscienze ferite. Hanno bisogno di essere rassicurati: se non si giungerà ad una distensione stabile e ad una rinnovata collaborazione in senso federale tra il governo centrale di Baghdad e quello regionale del Kurdistan, a ben poco servirà creare ‘zone protette’ per i cristiani, che pure qualche vescovo cattolico e non appoggia: il pericolo sarà di ripiombare in un nuovo conflitto, questa volta a livello civile, in cui si resterà in mezzo a patire. Le zone di sicurezza – ha concluso il prefetto – potrebbero funzionare soltanto in chiave ben chiara di una prima tappa verso un cammino che deve necessariamente portare verso una coabitazione stabile ed una cittadinanza comune e condivisa che veda musulmani sciiti, sunniti, curdi, cristiani, yazidi insieme a far rifiorire una Paese glorioso e ricco di storia e di risorse”.