Diritti umani

Libertà religiosa: card. Sandri, “anche nei nostri Paesi cosiddetti evoluti c’è latente rischio di limitarla”

foto SIR/Marco Calvarese

È necessario “interrogarci su come e in quale misura il diritto inviolabile della persona umana alla libertà religiosa è realmente garantito e tutelato all’interno dei nostri sistemi sociali e politici” per non rischiare “di compiere gli stessi errori che nei decenni che ci hanno preceduto l’Occidente, pur animato da buone intenzioni, ha compiuto in Medio Oriente quando ha inteso ‘esportare’ un modello di democrazia in quelle terre, quasi fosse una merce che si può imballare ed esportare al consumatore”. È il monito lanciato questa mattina dal card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, al simposio “Defending International Religious Freedoom: Partnership and action” organizzato a Roma, dall’ambasciata Usa presso la Santa Sede con la Comunità di Sant’Egidio e Aiuto alla Chiesa che soffre. “Anche nei nostri Paesi cosiddetti evoluti – ha avvertito il Prefetto – c’è latente un rischio di impedire l’esercizio della libertà religiosa, o quantomeno limitarlo” come evidenziato dal Papa Francesco a Philadelphia durante l’incontro Mondiale delle famiglie, nel 2015. Esiste, per il porporato, “il rischio di una violenza e di una brutalità a motivo del fattore religioso pervertito dalla sua vera natura, ma anche tra noi c’è una certa forma di intendere la laicità che è il confinare il fatto religioso in un ambito – come ha detto il Pontefice – come di una subcultura, di un fatto privato che tale deve rimanere e non può avere una parola nella sfera pubblica”.
Nel suo intervento il card. Sandri ha richiamato l’esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”, promulgata da Papa Benedetto XVI nel settembre 2011, per “la corretta interpretazione del concetto di laicità dello Stato, una sfida per l’intero Medio Oriente. Paradossalmente i cosiddetti regimi di ieri o di oggi in Medio Oriente – ha spiegato il cardinale, citando l’Iraq di Saddam Hussein – erano espressione di una concezione laica e non confessionale dello Stato, ma perseguivano e perseguono strumenti violenti di controllo e di repressione delle opposizioni. D’altre parte un confessionalismo esasperato e senza controllo di altri Regni ed Emirati ha quantomeno tollerato che proliferassero forme di predicazione di matrice fondamentalista, la quale, direttamente o indirettamente a seconda dei casi, è stata l’origine e il sorgere di fenomeni politico-militari quale è stato il cosiddetto Stato Islamico”. Per sanare la “grande ferita prodotta a livello interiore prima che esteriore” ci sarà bisogno “forse di un’intera generazione per potersi rimarginare. Il senso di impotenza e anche di tradimento patito per esempio nell’agosto del 2014 dagli abitanti della Piana di Ninive è stato e rimane grande: ad essere ferite, prima che le proprietà o le case, sono state le coscienze che hanno visto smentita la possibilità di un modello sociale basato sulla convivenza secolare tra diversi, cristiani, musulmani, yazidi”.
Dal Prefetto è arrivata anche la speranza nel dibattito che è cresciuto in alcune realtà accademiche del mondo musulmano intorno al “principio di cittadinanza” quale “chiave che supera nel presente il concetto tradizionale di dhimmitudine” (termine usato per definire la discriminazione verso i non islamici da parte dei musulmani, ndr). “Auspichiamo – ha concluso il card. Sandri – che facciano altrettanto, con incisiva opera di persuasione, anche i governi di molti Paesi del mondo”.