Patrimonio librario

Biblioteche ecclesiastiche: Zucchini (bibliotecaria) e Sverzellati (Univ. Cattolica), “formazione permanente ed europea, capacità di creare relazioni”

Quanto è cambiato il profilo professionale del bibliotecario ecclesiastico in questi 40 anni? Prende il via da questa domanda l’intervento di Elisabetta Zucchini (Biblioteche Studentato missioni e dei Frati cappuccini di Bologna) e Paola Sverzellati (Università Cattolica Milano) al convegno “Professionalità e carità intellettuale: quarant’anni di Abei (1978 – 2018)” in corso fino a domani a Roma per iniziativa dell’Abei nel 40° della sua nascita. Centrale il ruolo della formazione. “Alla luce dei cambiamenti e delle innovazioni in corso, si va sempre più delineando la richiesta di una professionalità avanzata”, osserva Zucchini ricordando che il bibliotecario è a tutti gli effetti “un animatore e comunicatore della cultura”. “Le biblioteche ecclesiastiche – sostiene – devono adeguarsi allo scenario nazionale e internazionale che punta alla formazione permanente e all’apprendimento continuo”. Si tratta di competenze “costituite dal mix conoscenza e abilità” e che richiedono “capacità di catalogazione, di biblioteconomia, di creare relazioni”. La rete e i sistemi informatici, aggiunge, “richiedono maggiori abilità in campi diversi, condivisione di esperienze, collaborazione con enti pubblici, sovrintendenze, istituti di restauro”. Importante “realizzare giornate di confronto” e “coinvolgere le giovani generazioni all’interno delle nostre biblioteche con progetti ad hoc e percorsi didattici”. E ancora: includere la disabilità. Di qui l’esperienza delle “biblioteche speciali” che tendono a inserire ragazzi disabili o con disturbi dello spettro autistico attraverso la formula dello stage. “La prospettiva della formazione dev’essere europea” afferma da parte sua Sverzellati richiamando come base il Consiglio europeo di Lisbona nel 2000 che definisce le persone “prima risorsa” del continente invitando e investire su di loro.