
Dai centri di prima accoglienza dove dormire e mangiare fino all’assistenza spirituale. Dall’aiuto nelle pratiche di regolarizzazione fino ai servizi per la ricerca di lavoro, alloggio, formazione e integrazione sociale. Per centinaia di migliaia di migranti in fuga dal Venezuela verso otto Paesi dell’America Latina – Colombia, Brasile, Ecuador, Perù, Paraguay, Cile, Bolivia, Argentina –, le rispettive Conferenze episcopali lanciano “ponti di solidarietà”, con il sostegno e il coordinamento della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio per lo sviluppo umano integrale. Il progetto, partito due settimane fa e che durerà due anni, si intitola “Ponti di solidarietà – Piano pastorale integrato per assistere i migranti venezuelani in Sud America”. Sarà finanziato con circa 800.000 euro da donazioni private e fondi delle otto Conferenze episcopali. “L’idea è nata durante uno spazio d’incontro messo a disposizione dalla Conferenza episcopale argentina ma è realizzata insieme dagli otto episcopati – ha spiegato padre Fabio Baggio, sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio per lo sviluppo umano integrale –. C’è infatti una preoccupazione nei confronti dei flussi massicci di migranti venezuelani che stanno arrivando in questi Paesi. Ma il progetto non sarà solo legato alla crisi attuale in Venezuela: le varie strutture e iniziative rimarranno a disposizione anche per migranti di altri Paesi”. “Sarà promosso lo sviluppo umano integrale dei migranti venezuelani in ogni fase del processo migratorio: partenza, transito, arrivo e ritorno – ha precisato padre Michael Czerny, sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio per lo sviluppo umano integrale –. Il progetto mira anche a prevenire il traffico di esseri umani che rischia di crearsi in situazioni di vulnerabilità. Il focus sarà mantenuto oltre la situazione attuale, anche in caso di migrazioni originate da eventi catastrofici come terremoti, uragani o altre emergenze”. Padre Arturo Sosa, superiore generale dei gesuiti, ha poi ricordato che “i gesuiti sono da oltre 30 anni attenti alla dimensione delle migrazioni con la rete del Jesuit refugee service. Abbiamo strutture, programmi di accompagnamento dei migranti. Il fatto che sia venezuelano è un caso, ma le attenzioni coincidono”.