“Quando parliamo di libertà di stampa e, quindi, di articolo 21 della Costituzione dobbiamo ricordarci che afferma il diritto e il dovere di informare ma anche e soprattutto il diritto dei cittadini a essere informati e come lo devono essere. Ciò è possibile solo grazie all’impegno quotidiano e costante di ognuno di noi”. Lo dice al Sir Paolo Borrometi, presidente dell’associazione Articolo 21 e giornalista che vive sotto protezione dopo una serie di “condanne” a morte da parte della mafia, nella Giornata mondiale per la libertà di stampa. Da una recente operazione della polizia di Pachino sono emerse intercettazioni ambientali in cui la mafia preparava un attentato per uccidere Borrometi. “Non riesco a leggerle. So bene che non riguardano solo me ma anche i ragazzi che sono con me, i ragazzi della scorta – afferma -. È stato un momento durissimo e di enorme paura”. Il cronista siciliano è stato ricevuto il 29 aprile in udienza da Papa Francesco. “Ho trovato davanti a me un uomo con una grande serenità, semplicità e umiltà. Un uomo che mi ha assicurato la sua preghiera, ma che in quei quaranta minuti mi ha fatto tante domande di cui sapeva le risposte. Mentre piangevo – ricorda – mi stringeva la mano, mi ha sorriso e mi ha detto ‘abbracciami se vuoi’. È stata una carezza che ha dato a un cuore sanguinante di paura e sofferenza”. Un’occasione in cui “il Papa ha ribadito che ‘i mafiosi si sentono cristiani ma non lo sono assolutamente’”. Infine, Borrometi sottolinea quello che deve essere l’impegno dei giornalisti. “Grazie al nostro lavoro si contribuisce alla ricerca della verità”. “Il nostro dovere è quello di parlare con la gente, fare domande con la consapevolezza che la gente sarà libera di decidere da che parte stare solo quando conoscerà la verità. Quella loro consapevolezza è una nostra responsabilità. Tante persone mi hanno chiesto verità. È un impegno da portare avanti ogni giorno”.