“Il dialogo (tra Santa Sede e governo cinese, ndr) va avanti da tempo, con tanta pazienza e con successi e insuccessi. Qualcuno diceva: è come il ‘ballo di san Vito’, due passi avanti e uno indietro. Comunque procediamo, questo è importante”. Lo ha detto il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, intervistato nei giorni scorsi dal vaticanista de La Stampa, Andrea Tornielli, nella cattedrale di Chioggia, in apertura di un ciclo di incontri organizzato dal “Fondaco”. L’intervista è pubblicata sull’ultimo numero del settimanale diocesano di Chioggia, “Nuova Scintilla”. Soffermandosi sullo scopo della Chiesa in questa trattativa, il porporato ha spiegato che “il nostro non è uno scopo politico”. “Ci hanno accusato di volere soltanto le relazioni diplomatiche cercando chissà quale successo. Ma alla Santa Sede, come ha detto più volte il Papa, non interessa alcun successo diplomatico”. “Ci interessano spazi di libertà per la Chiesa, per far sì che possa vivere una vita normale che è fatta anche di comunione con il Papa – ha aggiunto -. Questa comunione vissuta è fondamentale per la nostra fede”. La prospettiva indicata è quella di “una Chiesa unita”, cioè “la comunità ufficiale, sottoposta al controllo del governo, e quella cosiddetta clandestina – le quali oggi camminano ciascuna sulla propria strada – possano essere unite”. “Già Benedetto XVI nella sua Lettera ai cattolici cinesi – ha ricordato Parolin – aveva detto che lo scopo di tutto il lavoro in Cina deve essere quello della comunione fra le due comunità e della comunione di tutta la Chiesa cinese con il Papa”. “Noi speriamo che si possa arrivare a un accordo riguardante soprattutto il processo per la nomina dei vescovi. E speriamo che l’accordo sia poi rispettato. Da parte nostra c’è la volontà di farlo e speriamo che anche da parte del governo cinese ci sia questa volontà”.