
“Condizioni lavorative di sfruttamento o caratterizzate da pratiche illecite e situazioni abitative di degrado e marginalizzazione continuano a rappresentare i caratteri dominanti, in un contesto dove poco è cambiato rispetto agli anni passati”. La Piana di Gioia Tauro rappresenta ancora “uno scandalo italiano, rimosso di fatto, dal dibattito pubblico”: è la denuncia contenuta nel rapporto “I dannati della terra”, presentato oggi a Roma dall’organizzazione umanitaria Medici per i diritti umani (Medu) sulle “vergognose condizioni di vita e lavoro” dei 3.500 braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria. Medu è presente sul posto con una clinica mobile, che in cinque mesi di attività ha prestato assistenza a 484 persone, giovani lavoratori con permesso di soggiorno nel 90% dei casi, provenienti da Mali, Senegal, Gambia, Guinea Conakry e Costa D’Avorio. La maggioranza dei braccianti stranieri continua a vivere nella zona industriale di San Ferdinando, vicino Rosarno, nella vecchia tendopoli (il 60%), in un capannone adiacente o in una vecchia fabbrica. Lo scorso mese di agosto è stata allestita una nuova tendopoli con 500 posti, la terza in ordine di tempo, ma secondo Medu “dal punto di vista numerico, logistico e dei servizi offerti” si tratta “ancora una volta di una soluzione di carattere puramente emergenziale, che confina le persone in una zona isolata e lontana da qualsiasi possibilità di integrazione e inserimento sociale”. Il degrado abitativo è aggravato dai frequenti roghi: nell’ultimo, il 27 gennaio scorso, è morta una ragazza nigeriana, Becky Moses, e circa 600 persone sono rimaste senza alloggio. Tra i 3.500 lavoratori vi sono anche un centinaio di donne provenienti dalla Nigeria, quasi certamente vittime di tratta a scopo di prostituzione. Negli ultimi anni, osserva il rapporto, vi sono state numerose dichiarazioni d’impegno e protocolli firmati da parte delle istituzioni nazionali e locali, con la nomina governativa di un Commissario straordinario per l’area di San Ferdinando. Un “impegno sulla carta e a parole che non si è ancora tradotto in azioni concrete in grado di porre limiti al degrado e alla sfruttamento”.