Società

Etica ed economia: concluso il Dialogo latinoamericano. Il ruolo delle Chiese e della società civile

“A partire dall’azione sociale delle Chiese in vista dello sviluppo, dobbiamo anzitutto riflettere su di quale sistema di sviluppo stiamo parlando”, per pensare a una nuova “architettura finanziaria”, coscienti che “si tratta di una questione di dignità umana”. Con queste parole Humberto Shikiya, direttore generale del Centro regionale ecumenico latinoamericano (Creas), ha concluso a san Paolo del Brasile il terzo dialogo continentale su etica ed economia, convocato la scorsa settimana in vista del G20 che si terrà in Argentina dal Segretariato per l’America Latina e i Caraibi della pastorale sociale – Caritas (Selacc), dal Dipartimento di giustizia e solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano (Dejusol-Celam), dal Programma internazionale sulla democrazia, società e nuove economie dell’Università di Buenos Aires (Pidesone), dal Centro regionale ecumenico (Creas) e dalla Rete etica globale (Globethics).
Shikiya ha sostenuto che una nuova architettura finanziaria richiede tra le altre cose un lavoro comune tra Chiese e alleanze con movimenti economici e della società civile.
Nel corso del dibattito conclusivo è intervenuta Natalie Beghin, dell’Istituto di studi socioeconomici (Inesc) con sede in Brasile. L’economista ha insistito sull’importanza di aumentare il potere decisionale dei Paesi in via di sviluppo, dato che in ambiti come il G20 più di 150 Paesi sono esclusi dal dibattito riguardo a scelte che li colpiscono e li danneggiano: “La crisi economica viene pagata dai Paesi emergenti. Perché non c’è un G200 invece che un G20?”.
Nel corso di altri momenti del dibattito, da segnalare le prese di posizione di economisti e membri di istituzioni nazionali e internazionali. Ad esempio Ernesto O’Connor, dell’Università Cattolica Argentina (Uca), ha sottolineato che “è importante essere preparati a pensare politiche possibili per ammortizzare il fenomeno dell’automazione del lavoro”. Per fare questo, serve uno Stato forte e impegnato nel sociale, che promuova un’inclusione di base e un sistema educativo che garantisca a tutti pari opportunità. Ancora, è fondamentale la presenza di “imprese che operano con il criterio dell’economia di comunione”.
“La lotta alla diseguaglianza è oggi il dibattito etico e strategico più importante”, ha sottolineato Teresa Campello, ex ministra dello Sviluppo sociale in Brasile, chiedendo un ruolo più forte dello Stato nella ridistribuzione delle ricchezze e nell’accesso a beni comuni e servizi.
Il rappresentante del programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Pnud) in Argentina, René Mauricio Valdés, he spiegato “che ci sono dubbi sull’efficacia delle decisioni che si prendono al G20”. Tuttavia, occorre mettersi in gioco, contrastando la mentalità del “si salvi chi può” e promuovendo meccanismi multilaterali e la partecipazione della società civile.