“Perché non cerchiamo di abbattere quella barriera e concetto culturale di utilizzo del termine ‘inguaribile’ come sinonimo di ‘incurabile’ che ne determina uno ‘sguardo’ diverso rispetto alla persona malata e al suo percorso di vita?”. A porre l’interrogativo è Mario Melazzini, direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) , intervenuto stamani ad un incontro presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma sugli aspetti clinici, etici e sociali delle decisioni in medicina, promosso a seguito delle tristi vicende di Alfie Evans e Charlie Gard, “spunti per riflettere insieme ad alcuni esperti sui limiti – qualora ve ne siano – al ‘diritto di vita’ di un minore affetto da una patologia inguaribile”, partendo da un punto di vista “eminentemente laico”, come precisato dal rettore dell’ateneo, Raffaele Calabrò. Melazzini, che vive in prima persona l’esperienza della Sla, ha fatto riferimento “a tutte quelle persone che giornalmente testimoniano la quotidianità della vita con la malattia”, ai bimbi “affetti da patologie simili a quelle del piccolo Alfie, senza terapie specifiche”. Storie legate da “uno speciale ‘fil rouge’: la speranza”.
“Si deve lavorare concretamente –sostiene – sul riconoscimento della dignità dell’esistenza di ogni essere umano che deve essere il punto di partenza e di riferimento di una società che difende il valore dell’uguaglianza e si impegna affinché la malattia e la disabilità non siano o diventino criteri di discriminazione sociale e di emarginazione”. Un compito che nel caso dei medici, secondo il Dg di Aifa va oltre “l’eliminazione del danno biologico”, per cui “l’indipendenza e l’autonomia del medico, che è un cittadino al servizio di altri cittadini, dovrebbero garantire che le richieste di cura e le scelte di valori dei pazienti siano accolte. Non può e non deve essere una questione di costi e le scelte fallimentari del sistema sanitario inglese lo stanno testimoniando. La vita è una questione di sguardi e di speranza: ciò che oggi si pensa non essere possibile, domani chissà…”.