Oggi, 22 maggio, compie 40 anni la legge 194/70 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” con la quale l’aborto ha cessato di essere considerato un reato penalmente perseguibile. Secondo i dati del 2016 – raccolti dal Sistema di sorveglianza epidemiologica delle Ivg coinvolgendo Istituto superiore di sanità (Iss), ministero della Salute, Istat, Regioni e Province autonome – in quell’anno le Ivg sono state 84.926, -3,1% rispetto alle 87.639 del 2015, ma per il ginecologo Filippo Maria Boscia, presidente dell’Amci (Associazione medici cattolici italiani) e direttore del Dipartimento per la salute della donna e la tutela del nascituro all’Ospedale Santa Maria di Bari, c’è poco da cantare vittoria: “Questa diminuzione è ampiamente compensata dall’enorme incremento degli aborti ‘nascosti’”. Boscia ricorda che “in quarant’anni gli aborti in Italia sono stati 6 milioni” e se la legge richiama nella sua prima parte l’importanza della tutela sociale della maternità, nella sua applicazione su questa prima parte ha decisamente prevalso la seconda mentre il provvedimento “ha gradualmente portato all’accettazione dell’aborto nella mentalità e nel costume. Oggi l’aborto procurato non viene riconosciuto come omicidio, ma piuttosto come un bene sociale”. Per il presidente Amci, il dato diffuso dal Sistema di sorveglianza non tiene conto di 405.000 aborti “nascosti”: “Nel 2016 sono state acquistate 214.532 confezioni di pillola del giorno dopo (dal 2015 venduta liberamente) e 189.589 di pillola dei cinque giorni dopo per un totale di quasi 405.000 confezioni”. Inoltre “un farmaco antinfiammatorio usato per trattare le ulcere gastriche e fortemente sconsigliato in gravidanza viene talvolta impiegato per indurre un travaglio abortivo vero e proprio”.