“Non dobbiamo banalizzare gli episodi di antisemitismo che accadono oggi perché anche all’epoca delle leggi razziali si voleva negare quanto accadeva, definendoli casi isolati, e così negavamo il problema”. È con un riferimento agli episodi di violenza razziale di oggi che il prefetto di Milano, Luciana Lamorgese, ha aperto questa mattina nella sede milanese dell’Università Cattolica il convegno dedicato all’ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali: “A ottant’anni dall’emanazione delle leggi razziali: istituzioni e società per una memoria attiva”. Le leggi approvate con una serie di provvedimenti nel 1938 portarono all’espulsione dei cittadini ebrei dalle scuole, dalle università, dagli incarichi pubblici, rappresentando l’anticamera della Shoah. “Oggi in Italia – ha proseguito Lamorgese – il lungo periodo della crisi economica e l’aumento dei flussi migratori hanno insinuato in molti il senso della paura della diversità”. Di fronte a questo, ha aggiunto, “le istituzioni e la politica devono capire il perché di questo senso di paura e lavorare nella direzione dell’integrazione e dell’inclusione per evitare che eventi come quelli si possano di nuovo verificare”. La preoccupazione per i ripetuti “segnali” di razzismo che arrivano dall’Italia e dall’Europa, basti guardare alla manifestazioni in Polonia e Ungheria, è stata sottolineata anche da Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei). “Tutto ciò può accadere ancora – ha dichiarato Di Segni – ma qual è il limite? Qual è l’indice di gravità che porterà le istituzioni a dire ‘no’ a una manifestazione, a una marcia, a un volantino, che hanno come unico obiettivo l’esplicitazione dell’odio?”. “I segnali da cogliere c’erano allora e ci sono anche oggi”, le ha fatto eco il rabbino capo della Comunità ebraica di Milano, Alfonso Arbib: “I germi di odio c’erano già nella cultura europea prima della promulgazione di quelle leggi e con questi germi bisogna fare i conti ancora oggi. Per questo dobbiamo ricordare, avere memoria ma senza perdere di vista il presente”.