Nelle città è necessario individuare edifici sacri, chiese, che diventino “santuario luminoso della pura ospitalità evangelica della fede per il popolo dei ‘chiunque’ che si stanno rassegnando all’idea di non essere ‘nessuno’ non appena percepiscono la loro estraneità alla società del mercato e dello spettacolo”. Un santuario nel territorio di ogni parrocchia, una chiesa dedicata ad accogliere “coloro che cercano orientamento e ospitalità per il loro cuore e la loro mente irriconciliati e divisi”. È la necessità che mons. Pierangelo Sequeri, docente di Teologia fondamentale e preside del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del matrimonio e della famiglia, ha indicato intervenendo questo pomeriggio, a Padova, nell’ambito del convegno “Conoscere se stessi” organizzato dalla Facoltà Teologica del Triveneto insieme ad altri centri di formazione. Parlando su “Il pastoral counseling al servizio della coscienza credente”, Sequeri ha osservato che “la nuova socialità urbana” sfida la Chiesa a non restare indietro nell’offrire risposte a uomini e donne in cerca di identità e allo stesso tempo vittime di un “fatalismo metropolitano che induce alla rassegnazione nei confronti di un mondo che appare per un verso troppo complesso per insediarvi la ricerca di un progetto etico-esistenziale condiviso e per altro verso troppo dipendente e condizionato dalla logica tecnico-economica del senso”. Per il teologo, “discretamente ma implacabilmente, le opere di agape devono traforare il tessuto cittadino del quartiere con luoghi di ospitalità e conversazione: approssimazioni della philia (la virtù dell’antica polis greca) allo stile di agape (il miracolo della nuova prossimità evangelica)”. “Una nuova alleanza del principio monastico e del principio domestico, di antica e trasparente continuità della forma ecclesiale originaria, sfiderà di nuovo la crisi degli imperi mondani e ne accoglierà amorevolmente di dispersi”, ha concluso.