Papa a Molfetta: “vivere per” è il “marchio di fabbrica dei cristiani”. Don Tonino Bello è stato “un vescovo-servo” che voleva “farsi mangiare dalla gente” e “sognava una Chiesa affamata di Gesù e intollerante ad ogni mondanità”

“La vita cristiana riparte ogni volta da qui, da questa mensa”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della messa celebrata a Molfetta, seconda tappa della visita pastorale in Puglia in omaggio e in memoria di don Tonino Bello, a 25 anni dalla morte. “Non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere”, ha proseguito Francesco nell’omelia dedicata a “due elementi centrali per la vita cristiana: il Pane e la Parola”, in cui ha citato a piene mani don Tonino, come aveva già fatto ad Alessano: “Se manca l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l’Eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose”. “Chi si nutre dell’Eucaristia assimila la stessa mentalità del Signore”, il commento del Papa: “Egli è pane spezzato per noi e chi lo riceve diventa a sua volta pane spezzato, che non lievita d’orgoglio, ma si dona agli altri: smette di vivere per sé, per il proprio successo, per avere qualcosa o per diventare qualcuno, ma vive per Gesù e come Gesù, cioè per gli altri”. “Vivere per è il contrassegno di chi mangia questo Pane, il marchio di fabbrica del cristiano”, ha ammonito Francesco, che poi ha fatto una proposta concreta: “Si potrebbe esporre come avviso fuori da ogni chiesa: ‘Dopo la Messa non si vive più per sé stessi, ma per gli altri’”. “E sarebbe bello che in questa diocesi di don Tonino Bello fosse esposto alla porta della chiesa perché sia letto da tutti”, ha aggiunto il Papa a braccio. “Don Tonino ha vissuto così”, l’elogio di Francesco: “Tra voi è stato un vescovo-servo, un pastore fattosi popolo, che davanti al tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente. Sognava una Chiesa affamata di Gesù e intollerante ad ogni mondanità, una Chiesa che ‘sa scorgere il corpo di Cristo nei tabernacoli scomodi della miseria, della sofferenza, della solitudine’. Perché, diceva, ‘l’Eucaristia non sopporta la sedentarietà’ e senza alzarsi da tavola resta ‘un sacramento incompiuto'”. “Possiamo chiederci: in me, questo sacramento si realizza?”, la domanda del Papa alle decine di migliaia di fedeli presenti: “Più concretamente: mi piace solo essere servito a tavola dal Signore o mi alzo per servire come il Signore? Dono nella vita quello che ricevo a Messa? E come Chiesa potremmo domandarci: dopo tante Comunioni, siamo diventati gente di comunione?”.

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