“Obbligare i richiedenti asilo a restare sulle isole greche, spesso in condizioni squallide e di sovraffollamento, è profondamente ingiusto. Ora che la più alta Corte greca ha stabilito che il governo non ha alcuna ragione per portare avanti questa politica di trattenimento inumano, le autorità di Atene dovranno permettere a tutti i nuovi arrivati di spostarsi sulla terraferma”. Lo afferma oggi Irem Arf, ricercatrice di Amnesty international sull’immigrazione, commentando la decisione della Corte suprema greca di invalidare la politica del governo di costringere a rimanere sulle isole dell’Egeo orientale i richiedenti asilo arrivati in Grecia dopo l’accordo tra Unione europea e Turchia. Nella sentenza emessa il 17 aprile su un ricorso presentato dal Consiglio greco dei rifugiati, la Corte suprema ha annullato la decisione del governo di imporre limitazioni geografiche ai richiedenti asilo arrivati sulle isole di Lesbo, Rodi, Samo, Coo, Lero e Chio. La sentenza non ha valore retroattivo per coloro che vi sono già arrivati. “Tuttavia, questo non risolverà il problema dell’intenso sovraffollamento sulle isole – precisa – a meno che coloro che vi erano già arrivati non siano a loro volta trasferiti sulla terraferma, lontano dalle attuali inaccettabili condizioni di vita”. La sentenza, spiega Arf, “mette in luce l’onere del tutto sproporzionato che ricade su alcune delle isole greche rispetto ad altre regioni europee. Le politiche dell’Unione europea, come l’accordo con la Turchia, per tenere lontani i rifugiati in Paesi terzi così come sulle isole greche dev’essere sostituita da un approccio che preveda uguali responsabilità di tutti gli Stati membri in materia di rifugiati”. I richiedenti asilo arrivati sulle isole del Mar Egeo orientale dopo l’accordo tra Unione europea e Turchia del 20 marzo 2016 non sono mai stati autorizzati a trasferirsi sulla terraferma. In questo modo, secondo le autorità di Atene, sarebbe più facile rimandarli in Turchia, come previsto dall’accordo.