La scuola rappresenta “una bella palestra in cui i ragazzi possono scoprire la loro vocazione, cioè intuire cosa vogliono fare davvero della loro vita”. Per questo, don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, ha esortato “la pastorale della scuola a non perdere questo orizzonte”. “I ragazzi hanno già dentro di sé una Parola di Dio, una scintilla dello Spirito, non sono aridi e secchi: bisogna considerare che l’uomo è fatto di mente e cuore, che la persona è abitata dallo Spirito, che tutto va inteso globalmente”, ha ricordato don Gianola intervenendo alla tavola rotonda che ha concluso i lavori del Convegno nazionale dei responsabili diocesani e regionali della pastorale della scuola e dell’Irc.
“Il termine vocazione rimanda a quello che si vuole davvero, che non significa fare quello che ti pare, ma che la libertà può essere orientata”, ha osservato il direttore Cei per il quale “pastorale vocazionale e pastorale scolastica sono ancora un po’ disgiunte perché abbiamo in mente una radice distorta della parola ‘vocazione’, associata soltanto al ministero e alla vita consacrata”. “La vocazione – ha sorriso – è ancora una parolaccia, sembra una malattia, mentre ha a che fare con la domanda: ‘per chi sono?'”. Ecco perché, su questo fronte, la scuola può giocare un ruolo importante: “gli insegnanti, gli adulti, sono lì per raccontare, con l’esempio più che con le parole, la bellezza di un contenuto che non è solo per la testa ma anche per la vita”.