“Via libera dal Grana al Parmesan, dall’Amarone al Greco di Tufo fino a molte altre tipicità dagli occhi a mandorla, ma il Giappone potrà usare senza limiti anche i termini Romano o Bologna e, per i prossimi sette anni, addirittura produrre e vendere Asiago, Fontina e Gorgonzola”. Lo denuncia la Coldiretti sugli effetti dell’accordo di libero cambio tra Unione europea e Giappone che “ricalca le condizioni già concesse nell’’accordo di libero scambio con il Canada (Ceta) che deve essere ancora essere ratificato dal Parlamento italiano dove ora sembra esserci una ampia maggioranza trasversale di contrari”.
Per la Coldiretti, “l’aggravante nel caso del Giappone è che non ci sarà una ratifica dei parlamenti nazionali, ma solo a livello europeo di un accordo che prevede la protezione di appena 18 indicazioni geografiche italiane agroalimentari sul totale di 293 (appena il 6%) e 28 vini e alcolici sul totale delle 523 denominazioni di origine e indicazioni geografiche riconosciute in Italia (5%)”. Ma, precisa la Coldiretti, “anche se per Grana padano, Pecorino Romano e Toscano, Provolone Valpadana, Mozzarella di bufala campana e Mortadella Bologna viene garantita la protezione del nome complessivo, potranno essere utilizzati comunque i singoli termini (ad esempio, Grana; Romano, Bologna, pecorino, mortadella, provolone, mozzarella di bufala…)”.
Gravi criticità presenta anche l’accordo Ue-Singapore, secondo la Coldiretti, che evidenzia: “La mancata protezione dei marchi storici del Made in Italy non riguarda solo le produzioni nei Paesi con i quali è stato siglato l’accordo, ma anche la possibilità che sui quei mercati giungano imitazioni e falsi realizzati altrove”. “È inaccettabile che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale”, ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel sottolineare che “si rischia di svendere l’identità dei territori e quel patrimonio di storia, cultura e lavoro conservato nel tempo da generazioni di agricoltori”.