
“Forse siamo ancora quelli della paura: quelli che sconvolti e pieni di paura scambiano Gesù per un fantasma, preferiscono credere alla morte che alla vita, trovano più congeniale il lutto che la risurrezione”. Prendendo spunto dalla lettura evangelica, mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha pronunciato ieri pomeriggio l’omelia nella chiesa di San Pietro in Bozzolo (diocesi di Cremona), gremita di fedeli, durante la messa per il 59° anniversario della morte di don Primo Mazzolari. Prima della celebrazione Delpini aveva visitato la Fondazione Mazzolari, guidato dal presidente della Fondazione don Bruno Bignami e dal presidente del comitato scientifico Giorgio Vecchio. L’Eucarestia è stata concelebrata con il vescovo di Cremona Antonio Napolioni, con il vescovo emerito Dante Lafranconi e da una quarantina di sacerdoti. Delpini ha affermato: “Forse siamo ancora quelli della paura: quelli che di fronte al contesto ostile, scettico, irridente, si chiudono in casa, parlano tra di loro e pregano di nascosto e quando vanno tra la gente stanno zitti, come gente che s’è sbagliata a innamorarsi della speranza e delle promesse di Dio. Forse siamo ancora quelli della paura: quelli che passano accanto agli sventurati vittime della vita e tirano diritti perché non vogliono avere fastidi”. “Forse siamo ancora quelli della paura: quelli che sono rassicurati dall’inerzia, dal fare quello che si è sempre fatto, quelli che ritengono che la Chiesa sia saggia se rimane ferma…”.
L’arcivescovo ha quindi definito Mazzolari “profeta per contrastare la paura”. “Un prete, un uomo dotato della parola che scava e ferisce, che sveglia e appassiona, un prete che ha parlato e ha scritto, ha sofferto e pensato per contrastare la paura. La vicenda e l’insegnamento di don Primo sembra propizia ad aiutare quelli della paura a lasciarsi invadere dalla gioia, a sperimentare l’amore di Dio veramente perfetto”. “L’opera di don Primo, la sua parola, la sua eredità per questa Chiesa di Cremona e per tutta la Chiesa si può immaginare come l’invito a farsi avanti, a far entrare nella storia di oggi quelli che si fanno avanti. Certo don Primo è di quelli che si fanno avanti e ha trovato il modo di aiutarci, forse, ad essere quelli che si fanno avanti”. E ancora: “L’irrompere di Gesù risorto nella casa di quelli della paura li trasfigura e li trasforma in quelli che si fanno avanti. Quelli che si fanno avanti sono quelli che all’appello si sentono interpellati, che non si guardano intorno per vedere a chi tocchi sobbarcarsi una nuova fatica e si fanno avanti e dicono: so che tocca a me. Quelli che si fanno avanti sono quelli che ricevono la parola di Gesù non come una pia esortazione o come una facile consolazione, ma come una vocazione perché si compia il mandato di Gesù: ‘nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati’”. Quelli che si fanno avanti non sono i più coraggiosi, non sono quelli che cercano un momento di gloria, non sono quelli che presumono di essere i migliori e di essere indispensabili per la Chiesa; sono invece quelli che sono docili alla voce della Spirito”.
“Quelli che si fanno avanti sentono il sorriso amico e la parola incoraggiante di don Primo e vi trovano un motivo in più per farsi avanti”.