Caritas: card. Montenegro, no a comunità “ripostiglio”. “Abbiamo bisogno di innovazione e di giovani”

“Le nostre comunità un po’ vecchiette stanno diventando dei ripostigli anziché dei rifugi. Abbiamo bisogno di innovazione, abbiamo bisogno di giovani”: è questo l’impegno richiesto dal cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas italiana, nel suo saluto d’apertura al 40° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso da oggi pomeriggio fino al 19 aprile ad Abano Terme (Padova), sul tema “Giovane è… una comunità che condivide”.  Oltre 600 i partecipanti da 220 Caritas diocesane, riuniti in luogo significativo, ossia la diocesi di mons. Giovanni Nervo, primo presidente di Caritas italiana, e di mons. Giuseppe Pasini, che lo ha affiancato dall’inizio e poi ha diretto la Caritas dal 1986 al 1996. “Due sacerdoti che con il loro pensiero e la loro testimonianza di vita hanno lasciato alla Chiesa un’eredità che continua a produrre proposte nuove e frutti di autentica misericordia e carità”, ha ricordato il cardinale Montenegro. Il servizio della carità, ha proseguito, “è esercizio della capacità di tessere legami, di riannodare fili, di ricreare calore attorno alle persone”.

“I poveri si aspettano da noi, oltre al servizio, l’amicizia – ha affermato -. L’interrogativo di fondo non è tanto come dare risposte, quanto piuttosto come stare di fronte, come stare accanto, facendoci prossimi, compagni di viaggio, condividendo la vita, le gioie e le speranze”. L’impegno è quello di “contribuire alla ricostruzione di comunità territoriali consapevoli, solidali e capaci di speranza, a partire proprio dai giovani. Oggi c’è bisogno di aprire sentieri nuovi, guardando al povero ma anche alle comunità, educandole a servire e a mettersi accanto al povero”. Secondo il card. Montenegro “non si tratta di fare di più ma di essere più consapevoli, di rendersi conto dei tanti cambiamenti che stanno modificando i nostri territori al nord e al sud e che pongono in maniera ancora più pressante la domanda su come offrire risposte adeguate a questo tempo e ai bisogni che incontriamo”. Da qui l’invito “ad innovare lo stile della prossimità e delle relazioni, mettendo a disposizione il capitale fiduciario, sociale e relazionale che le Chiese locali rappresentano”.

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