“La legge penitenziaria del nostro Paese risale a 43 anni fa, parla di un mondo, di una società e di un carcere che hanno subito profonde trasformazioni. Il decreto legislativo di riforma dell’ordinamento penitenziario, con cui a dicembre il governo Gentiloni ha dato seguito alla delega ricevuta dalla legge 103/2017, ha portato una ventata di modernità nel quadro normativo aprendo alle pene alternative o di comunità”. È quanto si legge in una nota diffusa dal Saec, coordinamento enti e associazioni di volontariato penitenziario, al termine della prima giornata del convegno nazionale, che si è svolta ieri a Roma, a Regina Coeli, sul tema “La riforma penitenziaria: lo stato della pena”. Presenti 122 volontari provenienti da tutta Italia. “Non è chiaro se l’attuale contingenza politica consentirà la definita approvazione quantomeno di questo primo fondamentale atto legislativo” ma “disperdere il frutto di questi sforzi condivisi significherebbe fare un anacronistico salto indietro oltre che rischiare sanzioni mortificanti da parte delle autorità europee”, ha dichiarato Laura Marignetti, presidente Seac. Per Mauro Palma, garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, è “necessario pensare a una ricostruzione culturale”. Oggi sarà, invece, presentato, all’Istituto Maria Ss. Bambina, il progetto “Volontari per le misure di comunità” finanziato dalla Fondazione Con il Sud, che comporta “la definizione di un ruolo inedito del volontariato quale facilitatore dell’inclusione sociale e sensibilizzatore del tessuto sociale”.