Convegno Cei

Chiesa e università: De Toni (rettore Udine), “atenei siano cantieri di incontro e speranza per formare persone capaci di interagire con la società”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

L’università di Udine come cantiere di incontro e di speranza. A delinearne il ritratto è Alberto De Toni, rettore dell’ateneo e segretario generale della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui). Intervenendo alla giornata conclusiva del Convegno nazionale di pastorale universitaria “Chiesa e università, cantieri di speranza”, promosso a Roma dall’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei in collaborazione con il Servizio nazionale per la pastorale giovanile, esordisce dicendo: “Bisogna sperare contro ogni speranza. Questo è un motto che io cito quando i ragazzi in difficoltà vanno accompagnati. L’educazione, come diceva Mandela, è lo strumento più potente per cambiare il mondo”. “Oggi – osserva – si iscrive all’università solo il 50% dei ragazzi usciti dalla scuola secondarie e il 30% lo perdiamo dopo il primo anno”. All’università, chiarisce, “si studia per aumentare la capacità critica, per imparare a imparare e infine per imparare una professione. Serve a formare persone capaci di interagire con la società e nella società”. Il 29 e 30 giugno 2017 l’ateneo udinese ha promosso il G7 University 2017 “Education for all”, sottotitolo “azioni per un futuro sostenibile”, dal quale è uscito un Manifesto in quattro punti. Oggi, il monito del rettore, “corriamo il rischio che gli atenei siano anonimi, siano non luoghi di mancanza di relazioni e di solitudine”. Dopo il suicidio di un ragazzo a pochi giorni dalla laurea – aveva fatto credere alla famiglia di avere sostenuto tutti gli esami ma in realtà non ne aveva dato neppure uno – De Toni ha voluto la creazione di un gruppo di studenti, un gruppo di auto-aiuto, gli Ansiosi-anonimi, dove condividere problemi e preoccupazioni. “Abbiamo una legge sulla privacy che impedisce di informare le famiglie – spiega il rettore – , ma se dopo sei mesi un ragazzo non fa esami gli altri ragazzi avvertono la famiglia”.