
“Piattaforme come Twitter, Facebook, WhatsApp, Instagram e tante altre, che permettono, potenzialmente, di entrare in contatto con chiunque, in qualunque parte del mondo, tramite parole scritte e immagini” sono “strumenti, fino a poco tempo fa, impensabili”, che, “però, vanno utilizzati con discernimento e metodo, in una chiave non semplicemente individualistica”. Lo afferma l’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, nella riflessione “I social network e la convinzione di interpretare la realtà” pubblicata da Ecumenica Editrice nel marzo 2018. Nel testo, che di fatto ripercorre la lectio magistralis che mons. Cacucci ha tenuto nell’ottobre scorso all’inaugurazione dei corsi di laurea del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Bari, l’arcivescovo osserva che “paradossalmente persone separate da decenni, che per strada nemmeno si riconoscerebbero, si trovano così in un mondo fatto dalle opinioni, dai pensieri e dagli stati d’animo degli altri, con ben poche possibilità di reale interazione con essi”. Riferendosi a Facebook, mons. Cacucci rileva che “si creano rapporti umani sempre meno approfonditi e meditati, in cui la prova della propria esistenza è data dal tasto ‘mi piace’, presente sotto ogni ‘post’”. “Diventa difficile graduare la reazione e così si impoveriscono le argomentazioni”, aggiunge, sottolineando che “ogni utente è in realtà un perfetto target di marketing” di cui interessa conoscere informazioni a scopo commerciale. In sostanza, “ogni utente diventa, nella migliore delle ipotesi, un numero nelle statistiche” che Facebook, e non solo, può trasferire “a tutte le agenzie che hanno interessi di mercato e a tutte le istituzioni civili e militari di controllo sociale, ideologico e politico”.