Economia

Commissione Ue: “social e imprese che operano nel digitale paghino le tasse”. Due proposte legislative

(foto SIR/CE)

(Bruxelles) Tutte le imprese, anche quelle che operano nel digitale, devono pagare “la loro giusta quota di tasse”: è il principio dal quale è partita la Commissione europea, sollecitata dagli Stati membri dell’Ue, per le due proposte legislative presentate oggi a Bruxelles. Le nuove norme (che dovranno essere varate dal Consiglio dei ministri Ue, dopo aver consultato l’Europarlamento) intendono “garantire che le attività delle imprese digitali siano tassate in modo equo e favorevole alla crescita nell’Ue”. “La recente espansione delle imprese digitali, come gli operatori di social media, le piattaforme di collaborazione e i fornitori di contenuti online, ha fortemente contribuito – chiarisce la Commissione – alla crescita economica nell’Unione. Tuttavia le normative fiscali attuali non sono state elaborate per queste imprese, che sono globali, virtuali o caratterizzate da una presenza fisica minima o inesistente”. Si tratta di un “cambiamento radicale”: attualmente 9 delle 20 società più importanti al mondo per capitalizzazione di mercato sono digitali, rispetto a 1 su 20 dieci anni fa, puntualizza l’esecutivo. “La sfida consiste nello sfruttare al meglio questa tendenza, garantendo nel contempo che anche le imprese digitali contribuiscano la loro giusta quota di tasse. Diversamente esiste un rischio reale per le entrate pubbliche degli Stati membri: attualmente le imprese digitali sono soggette a un’aliquota fiscale media effettiva pari alla metà di quella dell’economia tradizionale nell’Ue”.
Le due proposte rispondono anche a un vuoto legislativo e fiscale lamentato dagli stessi Stati membri. La prima iniziativa legislativa è intesa a “riformare le norme in materia di imposta sulle società, in modo che gli utili siano registrati e tassati nel luogo in cui le imprese hanno un’interazione significativa con gli utenti attraverso i canali digitali”. La seconda proposta, in qualche misura meno preferita dalla Commissione e non a lungo termine, “risponde alle richieste di numerosi Stati membri di istituire un’imposta temporanea da prelevare sulle principali attività digitali, che al momento sfuggono a qualsiasi tipo di imposizione nell’Ue”.