“Insieme alla violenza psicologica, fisica, sessuale (compreso lo stupro), al matrimonio forzato, agli atti persecutori come lo stalking e alle molestie sessuali, le mutilazioni genitali femminili sono una violazione dei diritti umani e una forma estrema di privazione della libertà delle donne, nella sfera pubblica e in quella privata”, così una nota dell’Osservatorio pari opportunità e politiche di genere di Auser nazionale in occasione della giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili.
È questa, scrive Auser “una pratica fondata su un inaccettabile dominio patriarcale che si perpetua, tuttavia, con pratiche di donne contro altre donne e che ha lo scopo di riprodurre la subordinazione attraverso il controllo violento della sfera sessuale”.
In Italia – spiega l’Osservatorio – si stima che le donne che hanno subito una forma di mutilazione genitale durante l’infanzia siano tra le 60mila e le 80mila e “il nostro Paese, è stata interessato dall’arrivo via mare di donne che hanno chiesto la protezione internazionale, provenienti da Paesi dove la pratica delle mutilazioni genitali è ancora diffusa: Eritrea, Somalia, Nigeria, Guinea, Sudan, Mali, Burkina Faso, Costa d’Avorio”.
Ma, avvisano dall’Auser, “anche se l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul, si è dotata di una legge per la prevenzione ed il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile e di linee guida tese ad individuare precocemente le vittime di mutilazioni e/o di altre pratiche dannose, la legge spesso non basta”.
È necessario quindi, conclude la nota, “affiancare un lavoro altrettanto importante di prevenzione insieme alle comunità straniere, affinché il valore dell’intangibilità del corpo delle donne e della loro integrità fisica e psichica siano garantite a tutte ed, in particolare, alle giovani di seconda generazione”.