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Ue: Bruxelles, tre questioni aperte con l’Italia. Elezioni, caso-Embraco e sede Ema. Juncker preoccupato dall’esito del voto del 4 marzo

(Bruxelles) Sono tre le notizie che oggi emergono, a diverso titolo, dalle sedi Ue di Bruxelles che riguardano l’Italia. La prima è una dichiarazione “volante” rilasciata dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Riferendosi agli scenari politici che attendono l’Europa, alla vigilia di un summit “informale” che si terrà domani, 23 febbraio, e che avrà al centro dell’attenzione le questioni istituzionali (composizione del Parlamento e della Commissione, elezioni 2019 e “Spitzenkandidaten”), Juncker ha ricordato la questione del governo tedesco, il braccio di ferro spagnolo tra Madrid e Barcellona e le elezioni italiane del 4 marzo. “C’è il referendum socialdemocratico in Germania e le elezioni italiane, e sono più preoccupato – ha dichiarato – per l’esito delle elezioni italiane che per il risultato del referendum” tedesco. “Occorre prepararsi – ha aggiunto il capo dell’esecutivo – allo scenario peggiore, cioè un Governo non operativo in Italia”. Incertezze politiche, queste, che potrebbero avere “una forte reazione dei mercati nella seconda metà di marzo”.
Sempre dalla Commissione si precisa che la risposta al governo italiano sul caso-Embraco potrebbe richiedere anche due settimane. Sono le stesse normative Ue che stabiliscono la tempistica dei lavori degli uffici della Commissione, che deve valutare con attenzione il caso sul versante della concorrenza, degli aiuti di Stato, del mercato unico e dell’utilizzo dei fondi strutturali da parte della Slovacchia. Infine dal Consiglio Ue si rende noto che il ricorso di Milano sulla questione della sede dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) è “manifestamente irricevibile”. La risposta all’Italia – che aveva chiesto una sospensiva circa la decisione di assegnare la sede Ema ad Amsterdam – arriva dall’Ufficio giuridico del Consiglio della Ue. Questioni di forma, probabilmente, più che di sostanza, in relazione alle procedure comunitarie che non sarebbero state rispettate. La decisione era stata assunta dal Consiglio europeo (riunione dei capi di Stato e di governo) e non dal Consiglio dei ministri dell’Ue, cui si è rivolto Milano.