Relazione conclusiva

Mafia: Bindi (Commissione parlamentare), “l’ambiente del gaming di Stato risulta ancora permeabile e vulnerabile all’illegalità”. Necessaria “una riforma del settore” azzardo

“Gli interessi mafiosi si estendono anche al gioco legale, che sebbene gestito da privati attraverso il sistema delle concessioni, è pur sempre esercitato in nome dello Stato”. Lo ha sostenuto, oggi pomeriggio, Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, presentando la Relazione conclusiva della stessa Commissione. “Diverse indagini – ha ricordato Bindi – hanno dimostrato che le organizzazioni criminali hanno operato enormi investimenti in questo comparto, acquisendo ed intestando a prestanome sale deputate al gioco, o inserendo propri uomini negli organigrammi delle compagini societarie di gestione degli esercizi deputati al gioco. Interferenze mafiose che talvolta lambiscono le stesse società concessionarie, con risvolti inquietanti sulla capacità di condizionare a proprio favore la stessa attività legislativa, come hanno rivelato le indagini della Procura di Roma sul gruppo ‘Atlantis-Bplus Gioco Legale’”. Anche l’elevato tasso di irregolarità amministrativa (circa il 32 per cento, secondo i controlli rilevati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli e dalla Guardia di finanza nel 2015 nell’ambito delle loro ispezioni di routine), secondo la presidente della Commissione parlamentare, “dimostra che l’ambiente del gaming di Stato risulta ancora permeabile e vulnerabile all’illegalità”. D’altra parte “la polverizzazione dei punti gioco sul territorio e il numero elevato di apparecchi (circa 300mila) non agevola i controlli”.
Per Bindi, “vanno rafforzate le barriere all’ingresso del sistema pubblico dei giochi, in modo da chiudere possibili varchi alla criminalità organizzata e ai loro prestanome”. E ammette: “I requisiti previsti per la partecipazione a gare o a procedure ad evidenza pubblica in materia di giochi e scommesse, così come quelli per il rilascio e il mantenimento di concessioni presentano gravi lacune. Non prevedono, infatti, nell’ambito dei delitti ostativi i reati contro la pubblica amministrazione, i tipici reati connessi in occasioni di gare d’appalto, i delitti di terrorismo interno e internazionale e le fattispecie più gravi di reati in materia fiscale”. Non solo: “Appare necessario estendere l’applicazione della normativa antimafia a tutti gli attori della filiera: concessionari delle reti online di raccolta di gioco, gestori di apparecchi o terzi incaricati, produttori o di importatori di apparecchi di gioco”. Infine, “è necessario uniformare la tempistica delle gare delle concessioni, troppo spesso bandite nell’imminenza della scadenza della concessione con provvedimenti spot”. La relazione auspica “una riforma complessiva e organica di questo settore in crescita costante, con l’emanazione di un testo unico, che ponga le premesse per un nuovo modello di governance della vigilanza nel settore dei giochi e delle scommesse, basato anche sulla centralizzazione di qualunque dato o informazione giudiziaria riguardante il gioco d’azzardo e l’infiltrazione criminale nel gioco legale”.