Vicenda San Vincenzo La Costa

Diocesi: mons. Nolè (Cosenza), “grazie, coraggio, rialziamoci”. No a distorcere la verità per “generalizzare e colpire indistintamente la Chiesa”

“Grazie, coraggio, rialziamoci”. Si può riassumere in queste tre parole il messaggio di incoraggiamento che mons. Francesco Nolè, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, rivolge alla sua comunità a seguito dello scandalo della triste vicenda di San Vincenzo La Costa e dopo aver chiesto pubblicamente perdono a nome suo personale e dell’intero presbiterio. Nel testo, pubblicato sul settimanale diocesano “Parola di Vita” già in distribuzione e on line sul sito dalle 12 di oggi, mons. Nolè ringrazia i fedeli “perché avete manifestato in mille modi a me e alla nostra amata Chiesa diocesana che l’amore a Cristo e la fedeltà a Lui passa anche e soprattutto attraverso la prova della sofferenza e dell’umiliazione”. Grazie anche “per la vicinanza, la preghiera, l’affetto e l’incoraggiamento che avete dimostrato in questi giorni di prova!”. “Coraggio!”, scrive ancora il presule: “Trasformiamo il fango che ci hanno buttato addosso in mattoni per costruire una Chiesa nuova, bella, trasparente, gradita al Signore e testimone della sua misericordia”.
“Rialzarsi e riprendere il cammino”, l’esortazione di Nolè che afferma “in coscienza” di ritenere “completamente innocente rispetto a questa vicenda” il suo predecessore mons. Salvatore Nunnari, “anche se brutalmente aggredito ogni giorno su certa stampa denigratoria”. Quindi il ringraziamento a don Maurizio Patriciello per le parole pronunciate sulla vicenda, “servizio alla verità nella carità”. “Ho chiesto perdono a tutti”, afferma ancora mons. Nolè sottolineando tuttavia che “non è giusto generalizzare e colpire indistintamente la Chiesa che, in quanto tale, è santa, perché è del Signore”. No a distorcere la verità “sotto le mentite spoglie del diritto di cronaca! – il monito del presule -. Quando la verità è rispettata e la dignità della persona non calpestata, ben venga la cronaca e l’informazione per una piena conoscenza della verità dei fatti; ma quando è usata in modo improprio e parziale, per colpire nel mucchio, senza rispetto e senza possibilità di replica, quando si vuole trasformare la piazza mediatica in tribunale della verità, allora non ci stiamo”.