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Cibo: Abd al-Hayy Baudo (musulmano), “vero nutrimento del credente è il ricordo di Allah, il vivere nella sua grazia”

“Da alcuni anni siamo impegnati come Coreis nel progetto ‘114 Pizza e Dolci'” (che nel numero 114 fa riferimento ai capitoli del Corano che durante il mese di Ramadan vengono recitati e ricordati come ispirazione e benedizione per la comunità islamica, ndr) “un ritrovarsi tra musulmani e cristiani in Quaresima o durante il Ramadan per condividere un momento conviviale, ma sacro, intorno ad una tavola imbandita”. A raccontarlo è Mansur Abd al-Hayy Baudo, rappresentante Comunità religiosa islamica italiana (Coreis), alla giornata di studio sul cibo in corso a Roma. La tradizione islamica, spiega, sottolinea la sacralità che “accompagna il momento di incontro intorno al tavolo facendo prevalere sui gusti personali la convergenza e il legame della fraternità”. E il momento della rottura del digiuno, la sera, “è un tempo di felicità, una festa del nutrimento”. “Il digiuno – astensione da cibo e rapporti coniugali – è già anticipazione del vivere in questo mondo pur non essendo di questo mondo, rinunciando al cibo ma gustando la dolcezza della presenza divina” ed ha il valore di “una purificazione che il fedele compie pregando”. Esiste una dieta per essere felici? al-Hayy Baudo non ha dubbi: è “il vivere tutte le cose secondo la volontà di Dio: l’uomo è fatto a sua immagine e somiglianza”. Per questo, “vero nutrimento del credente è il ricordo di Allah; se ha imparato a vivere nella sua grazia incommensurabile è felice, indipendentemente dalla sua condizione”.