
“Conciliabolo” che “verrà cancellato come paglia al vento dalla memoria della storia”. Così il metropolita Hilarion di Volokolamsk, capo delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca ha definito il “Concilio di unificazione” che si è svolto sabato scorso nella cattedrale di Santa Sofia a Kiev per la costituzione della nuova Chiesa Ortodossa Autocefala di Ucraina e l’elezione del suo primo Primate. Lo ha fatto in una durissima “riflessione” dedicata al tema e pubblicata sul sito del Patriarcato di Mosca. Il Metropolita russo sottolinea l’inconsistenza del Concilio. Innanzitutto numerica: “Dei 90 gerarchi della Chiesa ortodossa ucraina, 88 si sono astenuti dal partecipare al Concilio di unificazione volto a distruggere la Chiesa canonica e creare al suo posto una nuova struttura ecclesiastica con un alto grado di dipendenza dal Patriarcato Costantinopoli. Solo due vescovi sono andati al ‘concilio dei malvagi’”. Hilarion torna a ribadire che nel 1686, la Chiesa ucraina fu riunita alla Chiesa russa e che “da allora ha avuto uno status patriarcale riconosciuto da tutti”.
Nel testo, Hilarion critica anche il fatto che i metropoliti presenti al Concilio non hanno seguito il protocollo del vestiario che in occasioni simili sono tenuti ad indossare, “come se non si trattasse di un Concilio – scrive il metropolita russo – ma una sorte di riunione segreta” e “la stravaganza degli abiti sottolinea da sé la natura notoriamente illegittima di questo incontro”. Hilarion sottolinea poi come “nessuna Chiesa locale ha inviato un messaggio” di augurio ai membri del Concilio ucraino “e nessuno ha sostenuto le azioni del Patriarca Bartolomeo durante il periodo preparatorio”. E conclude: “Qualunque sia l’esito del ‘Concilio’, chiunque sarà eletto al vertice della struttura, appare chiaro che il piano del Patriarca Bartolomeo” è “fallito” e i partecipanti al Concilio “saranno cancellati dalla memoria storica della Chiesa, come ‘paglia al vento’. Mentre la Chiesa canonica, nonostante la pressione su di essa, nonostante la rimozione dei suoi gerarchi, le convocazioni dei suoi sacerdoti presso il servizio di sicurezza ucraino, il prelevamento delle sue chiese, la minaccia di alienazione dei beni ecclesiastici dei suoi più importanti monasteri, esiste e continuerà ad esistere”.