
“La certezza che ciascuna vita è sacra e che la dignità umana debba essere custodita senza eccezioni, mi ha spinto, fin dall’inizio del mio ministero, a lavorare a differenti livelli per l’abolizione universale della pena di morte”. Lo ricorda il Papa nel discorso in spagnolo, consegnato alla delegazione della Commissione internazionale contro la pena di morte, ricevuta in udienza oggi. Ai presenti, Francesco si è rivolto a braccio, consegnando il discorso preparato. “La Chiesa non poteva rimanere in una posizione neutrale di fronte alle esigenze attuali di riaffermazione della dignità della persona”, spiega Francesco citando la nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa cattolica, da lui disposta ad agosto, e facendo notare che “nei secoli passati, quando mancavano gli strumenti di cui oggi disponiamo per la tutela della società e non si era raggiunto il grado attuale di sviluppo dei diritti umani, il ricorso alla pena di morte si presentava in alcune occasioni come una conseguenza logica e giusta”. “Anche lo Stato Pontificio ha fatto ricorso a questa forma disumana di condanna, ignorando il primato della misericordia sulla giustizia”, denuncia il Papa, precisando che “la nuova redazione del Catechismo esorta ad assumerci la nostra responsabilità di fronte al passato e a riconoscere che l’accettazione di questa forma di castigo è stata una conseguenza della mentalità dell’epoca, più legalista che cristiana”. La riforma del Catechismo sulla pena di morte, fa poi notare Francesco, “non implica alcuna contraddizione con l’insegnamento del passato, perché la Chiesa ha sempre difeso la dignità della vita umana”. “La pena di morte è sempre inammissibile perché attenta all’inviolabilità e alla dignità della persona”, ribadisce il Papa, chiedendo agli Stati che ancora applicano la pena di morte “una moratoria che miri all’abolizione di questa forma di condanna”. Francesco stigmatizza, inoltre, le “pene perpetue”, come l’ergastolo, definite “una forma di pena di morte mascherata” e le “esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie”, definite “omicidi deliberati commessi da agenti statali”.