
Le perdite di popolazione più rilevanti si registrano proprio nelle regioni meridionali: meno 146mila abitanti al Sud solo nel biennio 2016-2017. È come se sparisse da un anno all’altro una città meridionale di medie dimensioni. Lo afferma il Rapporto annuale della Svimez presentato oggi a Roma. Il fenomeno riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno, con la sola eccezione della Sardegna. Il peso demografico del Sud diminuisce ed è ora pari al 34,2%, anche per una minore incidenza degli stranieri (nel 2017 nel Centro-Nord risiedevano 4 milioni e 272 mila stranieri rispetto agli 872 mila nel Mezzogiorno). Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883mila residenti: per la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800mila non sono tornati.
Il Rapporto, sulla base delle previsioni dell’Istat e della stessa Svimez, prospetta per i prossimi 50 anni un percorso di forte riduzione della popolazione, in particolare nel Mezzogiorno, che perderà 5 milioni di abitanti, molto più che nel resto del Paese, dove la perdita sarà contenuta a un milione e mezzo. Ciò avviene perché al Sud non solo ci sono sempre meno nati ma c’è anche un debole contributo delle immigrazioni. Tutto ciò farà dell’area meridionale quella più invecchiata dell’Italia e tra le più invecchiate dell’Ue. Ciò che preoccupa maggiormente è che l’età media al Sud crescerà dagli attuali 43,1 anni, ancora più bassa di quella registrata nel Centro-Nord, ai 51,1 anni nel 2065. Alla fine dell’intervallo di previsione, il Mezzogiorno risulterà l’area d’Italia maggiormente ridimensionata e più invecchiata.