Rapporto

Sfruttamento: Oxfam, “in agricoltura un lavoratore su due è irregolare”. Al via la campagna “Al giusto prezzo” per porre fine al fenomeno

Centinaia di migliaia di lavoratori sono vittime di sfruttamento e caporalato, abusi e salari da fame, lungo le filiere che portano frutta e verdura nei principali supermercati italiani. Lo denuncia oggi Oxfam lanciando la campagna “Al giusto prezzo” per accendere i riflettori sulle ingiustizie che si celano dietro a moltissimi prodotti alimentari venduti sugli scaffali dei supermercati. “Dopo aver indagato le filiere di approvvigionamento dei principali supermercati stranieri e denunciato le pratiche commerciali con cui sono soliti imporre prezzi molto bassi ai produttori di piccola scala, con conseguenze devastanti per i braccianti e gli operai agricoli, Oxfam – si legge in una nota – ha guardato all’Italia dove un lavoratore su due in agricoltura è irregolare”.
Nelle pagine del rapporto “Al giusto prezzo”, da cui prende il via la campagna, è analizzato il grado di impegno con cui i 5 più grandi operatori italiani della grande distribuzione organizzata – Coop, Conad, Esselunga, Gruppo Selex (al quale sono collegate insegne come A&O, Famila, C+C, Elite, il gigante, Sole 365 e varie altre), Eurospin – stanno affrontando il tema dei diritti umani nelle proprie filiere di produzione agroalimentare, contribuendo ad eliminare sfruttamento e abusi nelle campagne.

“Delle 5 aziende analizzate, soltanto 3 – spiega Oxfam – mostrano di aver avviato un percorso di sostenibilità sociale nelle proprie filiere, seppur con un livello di impegno di diversa intensità. Coop è l’azienda che dimostra un livello maggiore di consapevolezza e azione sul tema dei diritti umani nelle filiere totalizzando un 27%; Conad arriva all’11%, Esselunga all’8%. Selex ed Eurospin ottengono un punteggio pari a 0% in tutte le aree di indagine, in quanto non è stato possibile rintracciare alcun documento pubblico relativo ai temi in questione”.
Dall’indagine emerge anche in modo “allarmante” la “totale inazione rispetto alla tutela delle donne impiegate lungo la filiera: tutte e cinque le aziende ottengono infatti un punteggio pari a zero”.