Aldo Moro “campione dell’ascolto” è stato “vittima sacrificale di una vicenda che rappresenta il culmine della lotta armata, la sanguinosa, antidemocratica e fallimentare offensiva cominciata all’inizio degli anni Settanta”. Lo ha affermato questo pomeriggio il presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati, introducendo nella sala Koch di Palazzo Madama la presentazione del libro “Moro, il caso non è chiuso. La verità non detta” (Edizioni Lindau). “A quaranta anni di distanza da una vicenda tragica”, la seconda carica dello Stato ha sottolineato l’importanza “non solo per fare avanzare la ricerca della verità, ma anche per ragionare su ‘ciò che è vivo’ del Moro professore, uomo di partito e statista alla luce e nella temperie dell’arena politica di oggi”. “Moro – ha rilevato Casellati – guardava con attenzione al ‘risveglio delle coscienze’, alla ‘contestazione di espressioni del potere e di cristallizzazioni politiche’ alla ‘valorizzazione della diversità dei giovani e del loro diritto a contare e cambiare’, ma sempre presidiando il bene supremo della libertà”. Ricordando come “un sondaggio recente condotto nel mondo della scuola, effettuato su 11mila studenti, abbia rivelato che il 35% dei nostri ragazzi sappia chi sia Aldo Moro”, Casellati ha evidenziato che “il richiamo che insieme oggi facciamo all’esperienza di Moro può e deve essere, allora, il richiamo alle qualità che la politica richiederebbe: cultura, saggezza, profondità umana, esperienza, metodo e capacità di raffronto e di dialogo. Le virtù di cui Moro è stato impareggiabile protagonista”. Casellati ha rimarcato l’importanza “di una dimensione della politica intrisa di un impegno morale e civile, votata a costruire la Repubblica come una vera ‘casa comune’” ricordando di Moro la capacità di “riallacciare i rapporti tra la politica e i mondi vitali della società”. “Oggi – ha ammonito la presidente – la capacità di parlare del futuro è una dote sempre più rara”. E poi ancora la sottolineatura di Moro come “politico della mediazione”, convinto che “la diversità delle idee potesse dare corso a un confronto, non ad un aspro antagonismo politico”.