Neonati terminali: Perez-Soba (Pont. Ist. Giovanni Paolo II), “nella nascita una domanda di senso”. “Curare anche quando non si può guarire”

L’importanza di “concepire la medicina non come una tecnica, ma come un’arte per difendere la vulnerabilità”. A sottolinearla è Juan José Perez-Soba, ordinario di teologia pastorale del matrimonio e della famiglia (Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo II), introducendo il seminario di studio “Hospice neonatale: un senso alla vita breve”, promosso questo pomeriggio dallo stesso Istituto che ha sede presso la Pontificia Università Lateranense. Perez-Soba invita a “vedere nella nascita non solo un evento ma una domanda di senso per noi. Solo così – assicura – si dà un nuovo contenuto al concetto di dignità umana. Dignità che non può essere misurata in base alla cosiddetta ‘qualità della vita’, come se esistessero vite meno degne di altre di essere vissute”. Il primo compito della medicina “è curare anche quando non si può guarire, e questo in ambito neonatale ha un senso molto forte, perché è l’unico modo per contrastare la mentalità di eutanasia neonatale, in caso di bambini con patologie life limiting, ossia senza speranza di vita, che si configura a tutti gli effetti come omicidio neonatale”.

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