
“Siamo in una prigione a cielo aperto? Come si possono uccidere uomini, donne, bambini, giovani e vecchi mentre scandiscono canti religiosi, con bibbie, rosari e crocifissi?”: è la denuncia del card. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, dopo l’ennesima repressione delle ultime marce pacifiche del Comitato laico di coordinamento dei cattolici di domenica 21 gennaio, che chiedono al presidente Joseph Kabila di rispettare l’accordo politico di San Silvestro e indire le elezioni previste. “Come il 31 dicembre 2017 – scrive in un messaggio il cardinale Monsengwo – ai cristiani di alcune parrocchie è stato vietato di pregare, ad altri è stato impedito di uscire dalle parrocchie da poliziotti e militari abbigliati come se fossero in un campo di battaglia. Quelli che sono riusciti a pregare e marciare sono stati dispersi con gas lacrimogeni, da granate assordanti e proiettili veri o in caucciù. Abbiamo contato ancora morti, feriti, arresti di preti, religiosi e religiose, furti, estorsione di beni dei cittadini”. Tutto ciò, prosegue, “mentre il capo della polizia aveva annunciato che non ci sarebbe stato nessun decesso e che i diritti umani sarebbero stati rispettati. Non è vero!”. L’arcivescovo di Kinshasa invita dunque i cristiani a “non cedere alla violenza” e a rimanere “incrollabili nella fede”.