“Il suicidio assistito in Svizzera dell’ingegnere di Albavilla evidenzia la perversione della medicina quando dimentica le sue radici ippocratiche ed evangeliche”. Lo afferma Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la vita italiano, in una nota. “La rinuncia a curare una malattia curabile come la depressione, la sostituzione della compassione autentica, cioè del soffrire insieme al paziente, con la soddisfazione a pagamento del suo desiderio di morte rendono urgente un ripensamento sui limiti dell’autodeterminazione e sui rischi di imbarbarimento della professione medica e di affievolimento del diritto alla vita causato dalla medicina dei desideri”, conclude Gigli.