Myanmar: esperti Onu chiedono al governo di “porre fine alla violenza e alle persecuzioni dei Rohingya”. Chiamata in causa Aung San Suu Kyi

Sette esperti Onu hanno fatto oggi appello al governo del Myanmar per “porre fine alla violenza”, alle “persecuzioni e serie violazioni dei diritti umani” e “pulizia etnica” contro la minoranza musulmana Rohingya in fuga dallo Stato di Rakhine. Nel giorno in cui il governo del Myanmar denuncia il ritrovamento di una fossa comune con decine di corpi di indù, tra cui donne e bambini, massacrati dai terroristi dell’Esercito dell’Arakan per la salvezza dei Rohingya (Arsa) nello Stato di Rakhine, gli esperti Onu continuano ad accusare l’esercito birmano di “abusi” contro i Rohingya, tra cui “esecuzioni extragiudiziarie, uso eccessivo della forza, torture, violenze sessuali e di genere, spostamenti forzati, incendio e distruzione di oltre 200 villaggi e decine di migliaia di case”. Al momento sono circa 430.000 i Rohingya fuggiti in Bangladesh, accolti nei campi profughi di Cox’s Bazar. Alla leader Aung San Suu Kyi, che ha chiesto alla comunità internazionale di capire quali sono le “possibili ragioni” della fuga, gli esperti Onu ribattono che “nessuno, specialmente non centinaia di migliaia di persone, sceglie di lasciare le proprie case e terre ancestrali, indipendentemente dalla povertà, per fuggire in un Paese straniero e vivere sotto teli di plastica e in circostanze terribili, a meno che non si stia rischiando la vita”.
Chiedono perciò a Aung San Suu Kyi di “incontrare i Rohingya personalmente nello Stato di Rakhine e a Cox’s Bazar, parlare con chi è fuggito e con chi è rimasto”. “Siamo ugualmente allarmati dall’apparente acquiescenza del governo nei confronti dell’incitamento all’odio, le intimidazioni e gli attacchi contro le famiglie Rohingya da parte di altri gruppi etnici e religiosi – affermano -. Tutte le violenze contro la popolazione in generale, inclusi gli sfollati interni, devono immediatamente cessare”. Gli esperti Onu chiedono al governo birmano di consentire l’accesso di aiuti umanitari internazionali e di osservatori per i diritti umani, per una valutazione “indipendente e imparziale” della situazione.

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