
Sulla tragedia siriana pesano le colpe del “Consiglio di sicurezza dell’Onu, che da 20 anni omette di compiere il proprio dovere e della Comunità internazionale, paralizzata. Gli organismi che governano il mondo, la comunità internazionale, la stessa Ue sembrano non mostrare desiderio e commozione per dire facciamo qualcosa. Non si fa più niente”. Non ha usato mezzi termini Gianni Rufini, direttore di Amnesty international Italia, per denunciare quanto sta accadendo in Siria. Intervenendo oggi a Roma al seminario promosso da Caritas Italiana, e rivolto alle Caritas diocesane per approfondire la situazione in Siria e Terra Santa, Rufini ha parlato di “miopia della comunità internazionale riguardo al Medio Oriente” citando, tra le varie cose, l’ultradecennale conflitto israelo-palestinese, “la Turchia che marcia verso la dittatura, il Libano sull’orlo del collasso, il problema curdo, le guerre in Iraq negli ultimi 14 anni e le dinamiche pericolose dell’Iran. Nessuno – ha denunciato il direttore di Amnesty – si è interessato a queste materie. Nessuna gara di solidarietà, anche da parte degli Stati, per avarizia e lentezza. Basti ricordare che le ondate migratorie in atto dal 2015 a oggi sono provocate dalla carenza di aiuti umanitari che arrivano a soddisfare a mala pena solo il 50% dei bisogni”. A pesare sulla scelta di emigrare dei siriani sono “la mancanza di futuro, le carenze sanitarie, l’insicurezza nei campi profughi spesso gestiti da Stati non attenti ai diritti umani”.
Come restare in un Paese dove la guerra ha ucciso “500 mila siriani” ha spiegato Rufini citando dati relativi all’autunno del 2016, “i più recenti”. Come restare in un Paese dove “la guerra ha provocato 1,9 milioni feriti, 1500 morti in 161 attacchi chimici, dove l’aspettativa di vita è caduta a 55,4 anni da 70,5 di prima del 2011, dove ci sono 6,3 milioni di sfollati interni, dove 12,8 milioni di persone necessitano di assistenza sanitaria, 4,3 milioni sono bisognosi di rifugio, 400mila vivono in aree assediate e 4,8 milioni di rifugiati patiscono carenze di cibo, medicinali, case, acqua”? “Spesso si dice ‘aiutiamoli a casa loro’ ma come fare – si è chiesto Rufini – se le loro case sono tutte macerie? Se il loro Paese è ridotto ad un cumulo di macerie? Piuttosto diciamo che i rifugiati, i migranti, oggi sono usati come merce di scambio con l’Europa”. Chiaro il riferimento all’accordo tra Ue e Turchia per la gestione dell’arrivo dei migranti. Il direttore di Amnesty nel suo intervento ha poi descritto le condizioni dei bambini siriani e delle loro famiglie: “l’80% dei nuclei familiari fa ricorso a strategie di sopravvivenza come riduzione dei pasti e avere cibo in prestito. Molti vendono i loro beni, bestiame, terra, case, mezzi agricoli, contraggono debiti insostenibili che sono l’anticamera della schiavitù”. Lavoro minorile, prostituzione, matrimonio infantile sono altri indici della crisi siriana così come il reclutamento infantile. “I bambini soldato vengono pagati 400 dollari al mese, una cifra che rappresenta la salvezza per la famiglia ma che condanna il bambino per sempre. Bambini che uccidono e seviziano, che partecipano alla guerra difficilmente tornano alla normalità se non adeguatamente seguiti”. Tutto questo mentre, ha proseguito Rufini, “il regime continua con arresti arbitrari, detenzioni, abusi, torture, esecuzioni, extragiudiziali, punizioni disumane, mentre da parte dell’Isis e dei ribelli si registrano stupri e schiavi sessuali”. “Oggi assistiamo all’inerzia delle organizzazioni internazionali. Non esiste possibilità di ricostruzione a causa dell’indifferenza della comunità internazionale. Per la Siria non ci saranno i fiumi di miliardi spesi dopo la guerra nei Balcani. Davanti al dilettantismo della politica – è stata la secca conclusione – si arena ogni possibilità di ricostruzione”.