Sanità
Nonostante in Yemen la crescita del numero di nuovi casi di colera sembra essere rallentata nel corso degli ultimi 30 giorni, a quattro mesi dallo scoppio dell’epidemia molte persone muoiono ancora inutilmente nelle zone remote del Paese. “Senza un aumento immediato degli aiuti e un approccio preventivo a livello comunitario, la gente continuerà a morire di questa malattia evitabile” avverte l’organizzazione medico-umanitaria Medici senza frontiere. Dalla dichiarazione dello stato di epidemia, il 27 aprile scorso, sono state colpite più di 500.000 persone. “I nostri dati epidemiologici mostrano che la valle dell’Osman è una delle zone più colpite dal colera”, spiega Ghassan Abou Chaar, capo missione di Msf in Yemen. “La sua posizione remota, la povertà e la mancanza di conoscenza in merito al colera hanno contribuito ad aumentare la diffusione della malattia e il numero di morti. Non possiamo semplicemente aspettare e curare solo i pazienti che riescono a raggiungere i nostri centri di trattamento. Se non raggiungiamo luoghi come la valle dell’Osman, la gente continuerà a morire”. Il dottor Mohamed Musoke, coordinatore dell’emergenza di Msf per il colera, ha raggiunto Beit Al Ghwadi dall’ospedale di Msf a Khamir, dopo un viaggio di due ore e mezza. “La strada è molto impervia e questo posto è quasi completamente isolato”, dice il dottor Musoke. A metà luglio, le équipe di Msf hanno distribuito kit igienici a centinaia di famiglie nella valle dell’Osman, organizzando anche incontri di sensibilizzazione sul colera. Dall’inizio dell’epidemia, Msf ha fornito trattamenti per il colera a più di 82.000 pazienti, un quinto dei casi identificati nel Paese e chiede ad altre organizzazioni “di avviare una risposta coordinata per controllare l’epidemia, incluse attività di potabilizzazione dell’acqua e promozione alla salute”. “Fonti d’acqua e pozzi devono essere purificati e bisogna spiegare alle persone come proteggersi dal colera, soprattutto in vista della prossima stagione delle piogge”, conclude Abou Chaar.