
(dall’inviato a Rimini) – “Per noi, per la nostra appartenenza, ci sono lavori umani e disumani. È questa la soglia che siamo chiamati a discernere nello spazio pubblico, insieme alla politica, come Chiesa”. Lo ha affermato questa mattina padre Francesco Occhetta, gesuita e scrittore de “La Civiltà Cattolica”, intervenendo all’incontro “Giovani, lavoro e dignità della persona umana” svoltosi al Meeting di Rimini. “Ci sono dei lavori che rendono umani”, quelli – ha spiegato – in cui “vivo un atto creatore e partecipo a quello che Dio ha fatto nella creazione”. E poi ci sono “lavori dis-umani”, quelli che “si basano su traffico di armi, pornografia, sfruttamento minorile, gioco d’azzardo, caporalato”, che “discriminano la donna o non includono i diversamente abili”, “i lavori in nero, quelli sottopagati e che creano sfruttamento”. “Tutti questi – ha ammonito – sono lavori che umiliano la nostra dignità e aumentano il conflitto sociale”. Padre Occhetta ha fornito poi alcuni dati: “Dal 2013 il 46% dei giovani che avevano un posto fisso lo hanno cambiato”, “il 65% dei lavori che faranno i nostri nipoti non esistono ancora”, “sono 250mila gli italiani emigrati all’estero per lavoro, cifre paragonabili a quelle del dopo guerra”, “su 4 lavoratori italiani 3 sono pensionati e su 10 lavoratori 1 è immigrato e di questo 10% il 20% è laureato”. Infine, “se da una parte abbiamo il 40% di disoccupazione giovanile, dall’altra parte l’anno scorso 258mila giovani non hanno potuto essere assunti per mancanza di sufficienti competenze”. Il gesuita ha sottolineato poi che “sono cambiate le categorie cognitive anche degli stessi lavori. I giovani – ha affermato – oggi sono flessibili e innovativi, caratteristiche che per la nostra generazione erano quasi un disvalore”. Per Occhetta, “dobbiamo ricordare ai giovani di non vivere soli – perché i nuovi lavori possono farli vivere soli – e a non nascondere il proprio volto”. Il gesuita ha poi osservato che “stiamo lottando, anche come Chiese, in una cultura del lavoro imperniata da 7 grandi mali: investimenti senza progettualità, finanza senza responsabilità, tenori di vita senza sobrietà, efficienza tecnica senza coscienza, politica del lavoro senza società, rendita senza ridistribuzione, crescita senza occupazione”. Inoltre – ha continuato – “i risultati sono a volte senza sacrificio soprattutto per i giovani”. “È fondamentale che questi ‘senza’ a livello culturale diventino ‘con’, in un lavoro fatto insieme”. A proposito di smart work, Occhetta ha messo in guardia anche dai “nuovi lavori che stanno nascendo e che non sono tutelati”.