Scontri

Charlottesville: le reazioni dei cattolici ai fatti di sabato 12 agosto

Tra i primi a condannare i fatti di Charlottesville sono stati i vescovi statunitensi con due comunicati stampa “contro il male del razzismo, della supremazia bianca e del neonazismo”. Il corteo dei suprematisti bianchi che sabato 12 agosto, in Virginia, ha provocato la morte di Heather Heyer e il ferimento di decine di manifestanti contrari alla marcia ha aperto un dibattito interno alle comunità ecclesiali statunitensi sul tema del razzismo e dell’odio violento.
Il settimanale dei gesuiti “America oggi” ha affidato all’editoriale di Jim McDermott, corrispondente da Los Angeles, l’analisi dell’incremento dei crimini razziali a seguito dell’elezione del presidente Trump. E cita i nomi delle vittime di tanti incidenti a sfondo razzista ma anche gli attacchi alle istituzioni religiose come quello alla Chiesa episcopale metodista africana a Charleston o quello al centro islamico di Bloomington. Il giornalista mette in guardia da un pericolo: “Lo spettacolo pubblico del conflitto. I suprematisti volevano provocare gli avversari e dimostrare che la posizione degli altri è pari alla loro: altrettanto aggressivi e partigiani”. Gli editorialisti in una comune dichiarazione giudicano “fallimentare la leadership del presidente statunitense per la sua ambivalenza” nel valutare le due manifestazioni e per la sua “incapacità di offrire una testimonianza morale adeguata al suo ufficio che condanni l’intolleranza e la bigotteria”. Gli editorialisti fanno quindi appello agli statunitensi su cui ricade “la responsabilità di denunciare tutte le forme di supremazia bianca, antisemitismo e violenza, che ostinatamente rimangono parte dell’esperienza americana”. E insistono dicendo che dovere del cristiano non è “la legge del taglione e di rispondere all’odio con l’odio ma di agire coraggiosamente per conto di coloro che sono perseguitati o che sono in pericolo di persecuzioni”.
Il sito cattolico Crux sceglie di intervistare il sacerdote afro-americano Bruce Wilkinson, di Atlanta, per raccontare le disparità interne alle stesse istituzioni cattoliche che ogni episodio violento come quello di Charlottesville continua ad evidenziare. “Il presidente della Conferenza episcopale ha usato parole belle – dichiara Wilkson – ma rimane aperta la questione di cosa fanno i vescovi nelle loro diocesi per combattere il razzismo. Le reazioni sono ancora troppo deboli”. Ci sono tre milioni di cattolici afro-americani ma pochi occupano posizioni di responsabilità nelle diocesi e nelle parrocchie. “E sebbene gli afro-americani possono essere incaricati dell’ufficio del multiculturalismo in una diocesi, questo non basta – continua Wilkinson -. Anche perché accade che proprio in queste commissioni multiculturali proprio i bianchi sono esclusi”. Il suo desiderio sarebbe che non si pensasse ad elaborare nuovi documenti, “i vescovi li hanno già fatti”, ma che “le persone in posizioni di autorità o di responsabilità, si sedessero a parlare di ciò che accade realmente nelle parrocchie e nelle comunità e si investisse seriamente nella formazione a partire dal seminario”.
L’organo di stampa cattolico più antico degli Usa, “Commonweal”, sottolinea la frammentazione nel mondo cattolico di fronte ai fatti di Charlottesville. Ci sono stati vescovi che hanno offerto preghiere per le due parti in conflitto” invitando al dialogo e a cercare soluzioni alle differenze rispettosamente” senza esprimere condanne aperte. Altri come l’arcivescovo Charles Chaput di Philadelphia, leader definito conservatore, ha alzato la sua voce con forza dichiarando che “ Il razzismo è un veleno dell’anima. È il peccato originale del nostro Paese, una malattia che non è mai stata completamente guarita. Abbiamo bisogno di più che pie dichiarazioni pubbliche”.
Brian McLaren, autore e attivista cristiano di spicco, ha sottolineato l’assenza del clero cattolico a Charlottesville. “Ho partecipato a molte proteste e dimostrazioni nel corso degli anni, ma non ho visto la comunità di fede riunirsi in un modo così potente e bello come fecero a Charlottesville”, ha scritto. “Ho conosciuto leaders episcopaliani, metodisti, unitari, luterani, battisti, anglicani, presbiteriani ed ebrei. C’erano tanti laici cattolici, ma non ho incontrato alcun prete”. E il clero era assente anche al servizio interreligioso nella chiesa memoriale di St. Paul a cui tutti i leaders religiosi erano stati invitati. Vi ha preso parte Marie Dennis, co-presidente di Pax Christi International, ma serviva “maggiore visibilità”. Nelle ultime righe l’articolo di Commonweal giudica la tragedia della Virginia “un’opportunità perduta se nulla cambia. La storia giudicherà la chiesa per aver fallito la prova del Vangelo”. In tanti si augurano che non sia così.