Politica

Diocesi: mons. Lorefice (Palermo), “qui lo ius soli c’è già”. “Incendi devastanti” e “atti vandalici” sono “mafia”

“L’ho detto più volte e lo ripeto: qui lo ius soli c’è già, a dispetto delle beghe vergognose dei palazzi della politica in questi giorni”. Lo ha detto monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, nel discorso alla città per il 393° festino di santa Rosalia (15 luglio) – diffuso oggi nella newsletter settimanale della diocesi -. “Qui chi arriva e tocca terra è già da subito palermitano”, ha ribadito l’arcivescovo elogiando i suoi concittadini per la capacità di accoglienza: “E questo è un atteggiamento bellissimo, che Palermo non deve perdere mai. Un atteggiamento fattivo che dobbiamo trasferire ed applicare a tutta la nostra storia, a tutte le nostre emergenze”. “Dalla peste non si esce se non siamo noi a curare le ferite, a pulire le strade, a creare spazi nuovi, cammini condivisi prendendo le distanze dall’individualismo e da interessi personali o di gruppo”, la tesi del presule, secondo il quale “il  destino di Palermo e della Sicilia tutta è nelle nostre mani. Noi possiamo fare, noi possiamo cambiare le cose, senza aspettare che altri lo facciano per noi, senza sterili lamentele. Senza servilismi e sottomissioni”. Poi il riferimento alla “miriade di incendi devastanti” in corso in questi giorni, “opera quasi sempre della mano dell’uomo”, e agli “atti vandalici diretti a sfregiare la memoria di chi come Giovanni Falcone, nell’esercizio feriale e responsabile della professione, ha versato il sangue per la giustizia e la legalità”. “Questa è la mafia”, ha ammonito Lorefice: “La mafia è la distruzione dell’altro”,  della natura e dell’ambiente. “Siamo qui per assumere con gioia la nostra responsabilità di palermitani, per dire a Rosalia che sin da domani faremo di tutto, tutto quello che è nelle possibilità di ognuno di noi, per rendere la Sicilia una terra di speranza e di futuro”, ha concluso l’arcivescovo: “Una terra dove i poveri sono aiutati, gli anziani sostenuti, i giovani agevolati, quelli che hanno un disagio o un handicap presi per mano, dove chi arriva da lontano lavora accanto a chi qui c’è da sempre per fare un cosa nuova, perché il Regno di Dio è una cosa nuova. Lo dicevano, e soprattutto lo facevano, Paolo Borsellino e don Giuseppe Puglisi”.