Festa della Consolata

Diocesi: mons. Nosiglia (Torino), “nessun cittadino deve sentirsi di serie B”. “Abitare la città con un forte senso del bene comune”

“La festa della Consolata è per noi tutti in questo tempo segnato da lutti e violenze nel mondo e anche nella nostra città è motivo di tanta speranza nella fede”. Lo ha detto, stasera, mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, nel messaggio al termine della processione della Consolata. A Maria il presule ha affidato “il cammino della diocesi e della città, incentrato sull’impegno della comunione e dell’incontro sia sul piano ecclesiale che civile”. “La comunione – ha precisato – è dono di Dio, ma esige uno sforzo continuo, per viverla nella propria famiglia, chiamata a testimoniare l’unità nell’amore; nella propria comunità parrocchiale, considerata una famiglia di famiglie; nella società, dove la comunione si traduce in solidarietà e convivenza aperta a tutti, promotrice di giustizia e di pace. Nessun cittadino deve sentirsi di serie B, scartato o considerato un peso perché va aiutato nelle sue necessità materiali, fisiche o morali. La dignità di ogni persona va salvaguardata e promossa e valorizzata in modo che possa dare il suo contributo per il progresso dell’intera comunità”.
A Maria Consolata l’arcivescovo ha affidato, innanzitutto, “i malati sempre prediletti dal suo cuore di Madre” e “i nostri giovani, la loro sete di felicità e il loro diritto di sognare in grande il futuro, oggi sempre più spesso chiuso da muri che appaiono invalicabili”. Proprio ai giovani mons. Nosiglia ha chiesto di “rendersi responsabili del rinnovamento spirituale, umano e sociale della Chiesa e del territorio”.
A Maria Consolata il presule ha affidato, infine, “la nostra sorella Erika deceduta in seguito alle ferite riportate in piazza San Carlo e tutti gli altri feriti”. “Una morte – ha osservato – che ci addolora profondamente e suscita nel cuore di tutti un grande vuoto che solo la preghiera e la certezza che Erika vive in Dio, vittima innocente di comportamenti irrazionali e inconcepibili, scatenati da chissà chi ma di fatto favoriti da un ambiente abbandonato a se stesso e caduto in balia di una bagarre di paura collettiva”. Oggi, ha concluso mons. Nosiglia, “ci scopriamo tutti più poveri e indifesi e abbiamo bisogno di ricuperare una coscienza collettiva che ci aiuti ad abitare la città e i suoi diversi momenti di incontro comunitario, con un forte senso del bene comune e del dovere di promuovere relazioni, basate sulla legalità e il rispetto degli altri”.