
“Quale consiglio dà al suo successore?”. “Di essere se stesso”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha risposto ieri sera alle domande dei giornalisti, alla vigilia dell’Assemblea della Cei che eleggerà il nuovo presidente. “Sono trascorsi 10 anni e un po’ di mesi e forse qualcuno di voi desidererebbe, anche giustamente, che io facessi una specie di bilancio”, ha detto il cardinale, che poi ha confessato: “Io non sono bravo a fare bilanci. Fondamentalmente per un motivo temperamentale, perché la base della mia umanità è non solo riservata, ma fondamentalmente timida”. “Per me è piuttosto difficile fare bilanci, anche se qualcosa riesco a mettere insieme”, ha aggiunto Bagnasco, che poi ha annunciato: “Dopo l’assemblea, vedremo: qualche sintesi del cammino dei vescovi italiani, vedremo se sarà il caso, se sarà possibile”. Interpellato sui ricordi più belli e più brutti sul doppio mandato di presidenza della Cei, il cardinale ha risposto: ” Quelli belli sono molti, e tra i molti di primo acchito vorrei scegliere questo: tutte le volte che qualche mio confratello vescovo mi ha dato una pacca sulla spalla, verbale o gestuale, uno sguardo o una parola, o un silenzio di consenso, di vicinanza, di affetto, di stima”. “Quello peggiore… ce ne sono diversi”, ha proseguito: “Ne scelgo uno perché ha un aspetto difficile, molto difficile ma anche un aspetto molto bello”. Il riferimento, “generico e senza nomi e cognomi”, è ad “alcune situazioni, in questi dieci anni, in cui la tensione si tagliava col coltello: la sentivo io, ma anche i miei confratelli, in certi momenti, in certi passaggi di carattere sociale. Sono segnato profondamente da questi ricordi di questi passaggi, che però poi si sono sciolti. E questo è l’aspetto più positivo”.