
“È una città sotto choc”: così racconta al telefono padre Fredrik Emanuelson, uno dei vicari della diocesi di Stoccolma, raggiunto dal Sir mentre è chiuso in macchina, nella zona ovest della capitale svedese. Il vicario abita nel centro storico, vicino alla cattedrale, a 15 minuti a piedi dal luogo dell’attentato. La polizia “vuole che il centro storico sia evacuato”, ma tutti i mezzi di trasporto sono bloccati e “le persone non sanno come muoversi e dove andare”; e così “le persone che si trovano al lavoro restano nei luoghi di lavoro e aspettano che cambi la situazione”. Le linee telefoniche sono intasate perché “tutte le persone stanno cercando di mettersi in contatto con i familiari, tanti mi telefonano per sapere…”. In queste situazioni, spiega padre Emanuelson, le chiese, anche quelle che di solito sono chiuse, sia luterane sia cattoliche, vengono aperte “perché la gente abbia un posto per parlare, trovare un caffè, pregare. Le chiese sono questi punti di riferimento”. Il vescovo Anders Arborelius è atteso in serata a Stoccolma di ritorno da Amburgo, dove in questi giorni si è svolta la riunione della Conferenza episcopale nordica: “Anche se mancano notizie precise sugli eventi, aspettiamo una parola di affetto per un Paese così aperto”, conclude Emanuelson.