Il provvedimento sul divieto dell’utilizzo del burqa e del nihab in Austria, contenuto nel dettato della Integrationsgesetz, la nuova legge sull’integrazione, pone dubbi di costituzionalità e di violazione dei diritti. La legge, che dovrebbe entrare in vigore il 1° luglio prossimo, prevede il bando del velo integrale (Burkaverbot) ma anche di fazzoletti che comportino la copertura completa del viso nei luoghi pubblici e, secondo alcuni, per estensione in tutti i posti di lavoro. Per chi non rispetti il divieto sono previste multe di 150 euro. La Conferenza episcopale austriaca (Öbk) già in diverse occasioni ha espresso il proprio parere negativo sul divieto generale, anche in considerazione che l’islam è religione riconosciuta dal 1912. In particolare i vescovi, in occasione della plenaria primaverile, in un comunicato stampa, hanno confermato che la libertà personale ha la precedenza sulla considerazione di pericolosità sociale del velo integrale. Il dettato della nuova legge prevede anche il divieto di distribuzione del Corano in luoghi pubblici e la predisposizione di un anno obbligatorio di integrazione per i rifugiati e i richiedenti asilo, con possibilità di rimanere nel Paese solo nel caso del completamento di corsi di tedesco e di formazione lavoro.
Il divieto della copertura integrale del corpo e del viso con il velo nei luoghi pubblici anche se secondo i vescovi può esser valutato un “comportamento socialmente indesiderabile”, nel contesto della cultura austriaca non è una soluzione, e sarebbe “in contrasto con gli articoli 8 e 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”: per i vescovi “l’intervento nei diritti personali generali potrebbe diventare un precedente non pericoloso”.