Giornata mondiale

Tratta: suor Bonetti, “arrivate in Italia 12mila minorenni nigeriane, troppi clienti”

“Negli ultimi mesi sono arrivate in Italia 12mila minorenni nigeriane”, denuncia al Sir suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata e presidente dell’associazione Slaves no more, da vent’anni impegnata nella lotta alla tratta: sono tra le 50 e le 70mila le donne costrette a prostituirsi in Italia perché vittime della tratta. Oggi, 8 febbraio, nelle Chiese di tutto il mondo si celebra la terza edizione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta (sul sito preghieratratta.org si trovano varie iniziative e materiali), istituita da Papa Francesco nel 2015 su richiesta delle religiose. Il tema di quest’anno è “Sono bambini! Non schiavi” per puntare l’attenzione su 30 milioni di bambini nel mondo, di cui il 68% in Africa, vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, lavorativo, servitù domestica, traffico di organi, pratiche criminali. Anche in Italia il fenomeno è in costante aumento ed evoluzione. Cresce infatti la domanda da parte dei clienti, di tutte le età e classi sociali, e di conseguenza l’offerta di giovani donne “usa e getta” a prezzi sempre più bassi, “fino a 10 euro”. “Al mattino le prelevano i trafficanti nei centri – racconta suor Bonetti – e dopo una giornata in strada le riportano la sera, come se fossero in un bed and breakfast”. Secondo la religiosa informazione e sensibilizzazione sono due priorità: “Le parrocchie possono fare molto, anche perché il 90% dei clienti sono cattolici. Non dico praticanti ma sono cresciuti in una cultura cattolica. Dobbiamo far emergere i problemi che stanno distruggendo le famiglie”. “Se riusciamo a fare in modo che tutte le parrocchie diventino sensibili – afferma – potremo arrivare ad un vero cambiamento di mentalità. Perché è un fatto culturale: sempre più gente pensa che si possa comprare tutto, anche il corpo di una persona”. Il focus sul “cliente” è dunque fondamentale: “Bisogna far capire che anche chi cerca sesso a pagamento è uno schiavo, perché diventa una dipendenza, come il gioco d’azzardo. Dobbiamo lavorare tantissimo per creare una cultura del rispetto. E far capire che non è lecito, perché queste donne sono schiave”. In 20 anni la rete di religiose ha dato un futuro di lavoro e integrazione a 6.000 donne, tolte dalla strada e dallo sfruttamento.