Olanda: appello-petizione per spiegare ai politici cosa significhi chiamare in causa il cristianesimo

Un appello-petizione in cinque punti per spiegare “ai politici in tempo di campagna elettorale” che cosa significhi chiamare in causa il cristianesimo, è stato pubblicato dal teologo protestante olandese Alain Verheij. Tra i firmatari dell’appello anche il vescovo di Den Bosch Gerard de Korte e la presidente delle Chiese protestanti Karin van den Broeke. Lieti di “accogliere un rinnovato apprezzamento per la nostra bella tradizione”, “vogliamo dare la nostra versione della storia”, scrive Verheij che con ironia denuncia le strumentalizzazioni del cristianesimo. “Una Chiesa non è un partito politico, un partito politico non è una Chiesa”, e qualsiasi sarà la maggioranza, “la Chiesa farà sempre la propria strada”. “Sempre useremo le nostre mani e le nostre parole per migliorare il mondo” ma mobilitare la cultura cristiana come forza politica è impossibile, perché “il nostro regno è un’utopia troppo radicale per i compromessi tra le vostre coalizioni”. L’essere cristiani è “un invito non una demarcazione”, per cui definirsi “cristiani” per escludere “non è un’opzione che appartiene alla nostra tradizione”. “La cultura cristiana è la misericordia”: il che significa che “amare Dio sopra tutte le cose e trattare l’altro come si desidera essere trattati sono il cuore della Legge e dei Profeti, e quindi della tradizione cristiana”. E infine: “La morale cristiana rende la vita impossibile per i politici se veramente vogliono basare il proprio programma politico sul discorso della montagna”.

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