
Di fronte alla “fragilità” delle famiglie, non servono “atteggiamenti di superficiale buonismo”, ma capacità di “attivare processi segnati da un’accoglienza sincera, da un accompagnamento discreto, da una capacità di discernimento intelligente e da una delicata e coraggiosa inclusione della fragilità”. Lo ha detto monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, intervenuto oggi ad un incontro formativo per le religiose salesiane sul tema “Cultura dell’incontro e Amoris Laetitia (famiglia, Chiesa, educazione): una lettura teologico-antropologica”, svoltosi presso l’Istituto internazionale delle Figlie di Maria Ausiliatrice. “Chi l’ha detto che quanto Papa Francesco chiede alla comunità cristiana e a ciascuno dei suoi membri rispetto, ad esempio, alle fragilità che si incontrano nelle famiglie – si è chiesto il vescovo – non valga anche per una comunità religiosa e per ciascuno dei suoi membri di fronte alle fragilità – e a volte ai tradimenti – che possono verificarsi al suo interno?”. “Che pena, e quanta ipocrisia – ha proseguito il segretario generale della Cei – constatare la grande benevolenza che si riesce ad avere nei confronti di chi, dall’esterno, si rivolge a noi religiosi e, nello stesso tempo, toccare con mano la rigidità con la quale giudichiamo o condanniamo una consorella o un confratello che si è reso protagonista di mancanze più meno gravi!”. L’alternativa, per Galantino, “non sta nell’attivare atteggiamenti di superficiale buonismo, quanto nel convincerci che i quatto verbi sui quali si esercitano a parole e con ipocrita risentimento tanti ‘custodi dell’ortodossia’ valgono per tutti e in tutte le circostanze. Per l’esperienza familiare come per quella comunitaria; per un coniuge o un figlio come per un confratello o una consorella”. “Accogliere, accompagnare, discernere e integrare le fragilità” sono dunque i quattro imperativi che nell’Amoris Laetitia tratteggiano la “cultura dell’incontro”.