Terremoto in Centro Italia

Nuova scossa ad Amatrice: mons. Pompili (Rieti), “riproduce fantasmi che ci auguravamo fossero definitivamente sepolti”

foto SIR/Marco Calvarese

“Questa ennesima scossa riproduce fantasmi che ci auguravamo fossero definitivamente sepolti”. Lo dice al Sir mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, dopo la scossa di stanotte, alle ore 00.34 con magnitudo 4.0, vicino ad Amatrice. Il terremoto è stato avvertito specialmente dalle famiglie che alloggiano nelle abitazioni temporanee (soluzioni abitative di emergenza, le “Sae”) allestite nei villaggi dei comuni già colpiti dal terremoto dello scorso anno. “Anche se le casette non hanno riportato danni, l’atmosfera si è un po’ appesantita – afferma il vescovo -, l’augurio è che si riesca a uscire presto da questo stato di incertezza”.
Nel Discorso alla Città, ieri mons. Pompili, a proposito della fase post-terremoto, ha evidenziato che non si vede “la linea dell’orizzonte intorno alla ricostruzione”. Assodato il passaggio importante, benché in ritardo, circa le macerie e le casette, alcune delle quali sono ancora in via di realizzazione”, “la vera questione – spiega il presule – resta come e dove ricostruire. Non possiamo accontentarci degli slogan delle prime ore, quando si diceva: ‘Ricostruiremo com’era e dov’era’. Gli studi, successivamente realizzati, hanno messo in luce una serie di criticità, laddove prima c’era il centro storico. Occorre, perciò, dire dove e come si farà concretamente questa ricostruzione, altrimenti si naviga un po’ a vista”.
Si avvicina il Natale, “una festa da sempre in chiaroscuro: nella notte irrompe la luce. Nessuno di noi immagina che questo Natale sia solo una luminaria, perché siamo ancora nel bel mezzo del post-terremoto, anzi, addirittura del terremoto. Non manca – sottolinea mons. Pompili – il desiderio di continuare a far fronte alle difficoltà, innanzitutto, stando accanto alle persone con una serie di iniziative che possono rendere possibile il radunarsi della comunità”. Di recente, racconta il vescovo, “abbiamo promosso un bando per il sostegno a imprese economiche e a singoli, che si mettono insieme, per cercare di sostenere quelli che sono tornati e hanno bisogno di lavorare. Speriamo anche che ci sia la possibilità di mettere mano al discorso dei beni culturali che non è solo una questione di identità religiosa, ma di identità sociale perché le chiese sono dei punti di riferimento per tutti e, perciò, il recupero dei beni culturali diventa anche un investimento per il futuro di questi territori, che hanno una lunga storia alle spalle”. “Può essere un modo per avviarsi verso qualcosa di nuovo per il futuro”, conclude mons. Pompili.